Prima persone e storie, poi tutto il resto. Dei numeri, umbri e non, del Salone Internazionale del Libro di Torino, terminato il 22 maggio 2023, si è già parlato molto: meno invece si è discusso di ciò che ha unito gli umbri a questa manifestazione internazionale piemontese dedicata al settore dell’editoria, cioè l’umana passione per tutto ciò che è scritto, disegnato, e perciò pubblicato, su carta.
Quattro immensi padiglioni, un fiume di gente di ogni età riversata a ondate fra i 573 stand e le 48 sale del Salone Internazionale del Libro di Torino, arrivato alla sua XXXV edizione: questo è il Salone raccontato oggettivamente dai numeri che, freddi come i saggi e la manualistica, riportano l’apprezzabile risultato di un evento dal successo pluriennale. Numeri che includono anche l’Umbria, con le sue 34 case editrici locali, presenti allo stand della Regione allestito nel grande spazio espositivo dell’Oval (Stand U137/U139), e le 21 presentazioni di libri e incontri con l’autore.
Fine dei giochi, i numeri sono questi. Ma basta riferirli per raccontare l’Umbria di questo ormai trascorso Salone del Libro di Torino 2023?
La risposta è decisamente no, anche perché le cifre parlano delle premesse, al massimo di alcuni risultati raggiunti, ma non delle esperienze positive e del grande arricchimento culturale che un evento del genere porta inevitabilmente a chi vi partecipa.
Lo dice chi fra gli stand, i padiglioni e sotto l’acqua (dettaglio rilevante) ha trascorso almeno 9 ore filate, in uno dei weekend più tristemente piovosi del 2023. Ma l’atmosfera in fiera, per umbri e non, non è mai stata triste: al massimo polemica, spossata, politica.

Il Salone delle esperienze
Fra i circa 215.000 visitatori presenti in evento c’erano anche Andrea e Debora, alcuni fra i membri del neonato club di Cinema e Letteratura a Perugia.
L’esperienza riportata da Andrea – agricoltore umbro, appassionato di letteratura e cinema e ideatore del club – è articolata e bifasica, ma dalle sue parole emergono grande soddisfazione e sorpresa:
” Ho avuto la fortuna di vedere due saloni diversi, in un certo senso. Il primo giorno infatti abbiamo girato da appassionati perdendoci un po’ persi nel caos. La confusione è forse la prima cosa che salta all’occhio in effetti: le varie bancarelle divise per editori che al grande pubblico sono completamente sconosciuti ai quali ho dato fiducia un po’ a sensazione comprando qua e là a seconda di cosa mi attirasse, una copertina, una foto, un’insegna simpatica, un post-it su cui c’era scritto “libro per chi odia Barbara d’Urso” e via discorrendo.
Il secondo giorno ci siamo aggregati ad una nostra compagna di viaggio, umbra anche lei ed esperta del settore, che invece ci ha guidato e spiegato le caratteristiche dei vari editori, umbri e non, anche più di nicchia.
Grazie a lei ed altre persone che ho incontrato durante la giornata e a cena, molte umbre come me, ho potuto vedere da umile contadino come funzionano i complessi ingranaggi del mondo dell’editoria, ed al contrario di quello che si potrebbe pensare “vedere come si fa la salsiccia” non mi ha tolto la fame ma anzi nel secondo giorno ho comprato più che nel primo grazie ai consigli della mia nuova amica e alla consapevolezza.
Le ultime due cose di cui mi sento di parlare, forse quelle più aleatorie e belle del Salone, sono l’atmosfera e la sensazione che questa manifestazione sia l’appuntamento per quella che si può definire “classe intellettuale” italiana tutta per ritrovarsi e riconoscersi e sentire che aria tira. Mi sono chiesto il motivo per cui tanta gente che ha a che fare anche solo tangenzialmente con la cultura trovi nel
Salone del Libro un appuntamento imprescindibile, credo che la risposta sia che il libro è un simbolo ed uno status prima ancora che una cosa reale da leggere e sfogliare, è una specie di oggetto primordiale che in parte adoriamo ed in parte usiamo per riconoscerci come membri della stessa tribù.
E questa funzione paradossalmente viene esaltata soprattutto al Salone del Libro di Torino in Italia, dove si impara parlando con gli addetti ai lavori che un libro alla fine al di là della sua dimensione sacrale è anche semplicemente un oggetto da creare, produrre e vendere”.
Un’opinione simile e affine la esprime Debora, umbra, componente del team per la ricerca storica del romanzo “La Papessa di
Milano” – Livio Gambarini (Edizioni Piemme):
“Per me il Salone significa vedere molte persone con cui condivido tanto ma che abitano lontano, in altre città, ed è l’occasione per avvicinarmi a editori e autori di tutta Italia. A volte mi sembra che Perugia e l’Umbria in generale siano lontanissime da tutte queste occasioni, ma aver incontrato molte persone provenienti dalla mia stessa regione, come Andrea – componente del club del cinema e della letteratura di Perugia – così disponibili a una tale avventura, mi ha dato la speranza di poter continuare a costruire anche qualcosa a casa”.
Curiosità: si è svolto proprio a Torino il primo incontro di alcuni membri di questo nuovo gruppo di appassionati perugino, evento emblematico, che sottolinea la potenza dell’unione compaesana che un evento così esteso può generare.


Non solo club
Racconta della sua esperienza in fiera anche Lavinia, dell’Edicola 518, un’impresa sociale che si definisce “Uno spazio di libertà e rivoluzione nel cuore di Perugia”.
“È stata la nostra prima partecipazione al Salone del libro ed abbiamo avuto davvero un ottimo riscontro. I numeri di quest’anno parlano un po’ da soli visto che è stata definita l’edizione dei record. Abbiamo presentato un doppio stand proponendo da un lato le pubblicazioni edite dalla nostra casa editrice, Emergenze Publishing e dall’altro una selezione di magazine indipendenti che caratterizzano il progetto Edicola 518 fin dai suoi esordi. Il Salone è stata una bella piazza di incontri, abbiamo avuto modo di rivedere editori con cui lavoriamo da tempo, di conoscerne di nuovi, di incontrare di persona chi ci segue da lontano. Una nota super positiva è l’alto interesse per pubblicazioni indipendenti e d’arte che abbiamo riscontrato tra i più giovani, molti dei quali si muovevano in maniera mirata e non risparmiavano domande per approfondire il funzionamento del mondo dell’editoria. In particolare le nostre pubblicazioni sono state oggetto di interesse sia per il pubblico che per gli altri editori, cosa che ci conferma come le ricerche che portiamo avanti con Emergenze Publishing siano centrali nel panorama editoriale contemporaneo.”
C’è un tema che emerge prepotente da tutte queste impressioni ed esperienze: quello della libertà di leggere ciò che si vuole, anche titoli meno mainstream, a volte più intimi, certamente originali, come durante il Salone del Libro se ne sono scoperti fortunatamente molti, pubblicati anche dalle oltre 34 case editrici umbre presenti sotto il tetto degli spazi Lingotto Fiera: Aguaplano Libri, ali&no editrice, Bertoni Editore, Calzetti e Mariucci Editori, Centro studi americanistici – Circolo amerindiano, Cesvol Umbria ETS Editore, Cittadella editrice, Cultura e Salute Editore Perugia, Dalia Edizioni, Diadema Edizioni. Edizioni Corsare, Edizioni Era Nuova, Edizioni Frate Indovino / Edizioni Francescane Italiane, Edizioni Prosveta, Edizioni Thyrus, Fabrizio Fabbri Editore, Francesco Gaggia Editore, Francesco Tozzuolo Editore, Francesco Zampa Editore, Futura Libri, Gambini Editore, Glu Edizioni, Graphe.it Edizioni, Icona Editore, Il Formichiere, Intermedia Edizioni, Jo March, LuoghInteriori, Midgard Editrice, Morlacchi Editore, Pièdimosca Edizioni, Protos Edizioni, Pulci volanti, Sarapar Editore.
Ha senso nominarle tutte insieme? Sì, perché il cospicuo elenco dà l’idea netta e precisa della grande ricchezza editoriale che la regione può offrire, che non è ricchezza di libri e carta, puramente, ma di idee, pensieri, emozioni e stili.
Quella dell’ultimo Salone Internazionale del Libro di Torino è stata insomma un’Umbria discreta, forse, che non sbandiera i propri successi, ma anche un’Umbria di persone riunite tutte sotto un unico ombrello fatto di passione per la letteratura e per la carta; e la metafora è calzante data la piovosità del weekend. Un’Umbria esemplare, che starebbe bene con ogni stagione e ogni settore, non solo con il Salone Internazionale del Libro di Torino.