L’Umbria non è solo paesaggi meravigliosi, ricchezze artistiche ed architettoniche. Il Cuore verde d’Italia si caratterizza anche per i prodotti di eccellenza e le varie produzioni locali di qualità, tra questi il sedano nero di Trevi, la cui coltivazione affonda le radici nelle tradizioni della valle umbra, pianura dal clima mite che la dorsale appenninica e le dolci colline olivate proteggono dai venti gelidi di nord-est. Coltivato, con altri ortaggi, in una ristretta fascia di terra compresa tra l’abitato di Borgo Trevi e il fiume Clitunno, dove il suolo, ricco e argilloso, umido e fertilissimo, è adatto a colture esigenti come era un tempo la canapa. E, proprio qui, veniva coltivata la canapa, da dove prende origine il nome di “Canapine” con cui questo pezzo di terra trevana è da tempo conosciuto. Il sedano nero di Trevi è il risultato delle cure pazienti e costanti degli orticoltori delle Canapine, i cosiddetti “sellerari” o “sedanari”, che nel tempo hanno selezionato un ecotipo locale di sedano che viene definito “nero”.

Alcune curiosità Fino a pochi decenni addietro il sedano nero di Trevi godeva di grande rinomanza, oggi sono rimasti in pochi a coltivarlo negli orti in prossimità del fiume Clitunno. I terreni particolarmente vocati a questo tipo di coltivazione sono poco lontani dalle Fonti celebrate da Carducci, Byron e Goethe che le consideravano tappa irrinunciabile del Grand tour. Sono chiamati ancora oggi Canapine e nei secoli scorsi il sedano nero veniva fornito come alimento ai passeggeri delle navi che, ai tempi dello Stato Pontificio, facevano la rotta da Genova, Livorno, Napoli verso le Americhe, perché oltre ad essere un ottimo secondo piatto si conservava a lungo.
Qualche ricercatore sostiene che il suo luogo d’origine sia l’attuale Turchia e che la sua coltivazione si sia diffusa in Europa dal XVII secolo. Secondo alcune lettere autografe, datate 1889, depositate presso l’archivio comunale di Trevi, al sindaco della città venivano richieste significative quantità di seme di questa particolare pianta. Tra i richiedenti vi è tale Don Giovanni Del Papa, direttore della Colonia agricola e del Collegio degli artigianelli della Badia di San Pietro in Perugia, ex convento dei Padri Benedettini Cassinesi e attuale sede del dipartimento universitario di Scienze agrarie alimentari e ambientali del capoluogo umbro. E anche la ditta C.A. Kisslinger di Napoli che voleva mettere il prezioso seme a disposizione dei suoi clienti tedeschi, inglesi e americani.
Questa corrispondenza è la prova dell’esistenza della coltivazione del sedano nero a Trevi. Anche se gli studi e le ricerche effettuate non sono riuscite a stabilire con esattezza la data di inizio della coltivazione di questo ortaggio nel territorio comunale. Risulta, inoltre, che, tra la fine del secolo XIX e all’inizio di quello successivo, il seme di sedano nero era commercializzato in Italia e all’estero e che agli inizi del ‘900 grandi quantità si trovavano in vendita nei mercati di ottobre che tradizionalmente si organizzavano a Trevi.
Le particolarità del sedano nero sono la lunghezza, maggiore rispetto ad altre varietà, può misurare anche un metro, le coste di colore verde scuro, il fatto di essere completamente privo di fili e profumatissimo. Se viene lasciato crescere senza lavorazioni speciali, si presenta con foglie di colore verde scuro, particolarmente duro e filamentoso caratterizzato da un sapore pronunciato, spiccatamente amarognolo. Solo se viene interrato assume una colorazione più chiara: un sedano dalle coste bianche, prive di fili, con un cuore tenero e polposo.

Le operazioni effettuate per ottenere il “nero di Trevi” sono rigorose e, da secoli, invariate: la semina avviene ad aprile in fase di luna calante. Tradizionalmente avveniva il Venerdì Santo poiché, secondo i coltivatori del luogo, gli ortaggi seminati in questo periodo crescono più rapidamente e ritardano la fioritura e ancora oggi molti contadini rispettano questa indicazione.
I contadini di Trevi sono gelosissimi dei loro semi e ognuno riproduce i propri dopo averli prelevati ad ogni stagione dalle piante migliori. Ad ottobre giungono a maturazione, con le coste ancora di colore verde scuro. Così, per ottenere le coste allungate, sono sottoposti ad altre cure e qualche settimana prima della raccolta i sedani vengono, quindi, legati ad uno ad uno raccogliendo insieme le coste. Queste sono poi coperte con la terra nella quale i sedani sono cresciuti, lasciando alla luce solamente le foglie apicali. Dopo circa venti giorni di questo “imbiancamento”, i sedani neri sono pronti per il mercato e, a questo punto, vengono raccolti, mondati, lavati e confezionati per la vendita.

I “sellerari”, i soli depositari del prezioso seme originario, ricordano che il sedano nero coltivato in altre zone non presenta le stesse caratteristiche che rendono il sedano nero di Trevi unico e prezioso nel panorama delle varietà dei sedani coltivati. La straordinarietà del sedano di Trevi sembra, infatti, affondare le sue radici nel terreno dove cresce e nelle acque del fiume Clitunno, ancora oggi utilizzate per l’irrigazione delle Canapine. Anche per questo la coltivazione del sedano nero di Trevi è ricca di fascino e che deriva dalle antiche tradizioni. Così come l’acqua del fiume Clitunno richiama alla memoria i riti degli antichi Romani e ricorda, come presso le rive di questo fiume, una volta considerato in parte “sacro”, le fresche acque sorgive fossero usate per lavare e imbiancare i buoi allevati in queste terre: per purificarli e renderli degni di essere sacrificati nella città eterna sugli altari eretti alle divinità del tempo. I buoi bianchi purificati dalle acque del Clitunno, allevati e lavati dalla gente del posto, ricordano le bianche le coste del sedano nero che vengono bagnate con le acque dello stesso fiume. La tradizione vuole anche che la semina del sedano di Trevi si effettui al coperto, mischiando il seme a sabbia fine e spargendolo “a volata” su letti caldi appositamente preparati. Dopo circa tre mesi le giovani piante sono trapiantate all’aperto, in fossette del terreno aperte con un cavicchio di legno, meglio se di ulivo, e il terreno deve essere abbondantemente concimato, preferibilmente con il letame, profondamente arato e ben affinato. Il trapianto si effettua realizzando delle file binate, in modo tale che ogni fila disti poche decine di centimetri l’una dall’altra, mentre la distanza tra le file binate sia tale da consentire agli ortolani di muoversi agevolmente tra le piante ed effettuare le cure colturali necessarie. Periodicamente si provvede ad altre concimazioni, mentre con innaffiature regolari si contribuisce a mantenere il terreno sempre fresco.
Per promuovere e valorizzare il sedano nero di Trevi, ogni anno viene organizzata, nel terzo fine settimana di ottobre, la Mostra mercato del Sedano nero – Sagra del sedano nero e della salsiccia – il sedano nero di Trevi. Una manifestazione che punta sul binomio tra questo ortaggio, dal sapore particolarmente intenso, e la salsiccia, prodotta localmente, e che trova la massima esaltazione nel “sedano ripieno”, piatto tipico che permette di gustare e apprezzare questi due prodotti in un abbinamento unico. Bisogna ricordare, inoltre, che la coltura del sedano nero entrò in crisi, dopo la seconda guerra mondiale, con l’arrivo nei mercati del sedano americano. Crisi che venne superata proprio con l’avvento della prima Mostra mercato del sedano nero di Trevi e Sagra del sedano nero e della salsiccia (un tempo delle salsicce), che si tenne nell’ottobre del 1965. Naturalmente il sapore intenso del sedano nero di Trevi è valorizzato nella cucina trevana e nel corso della sagra annuale, in alcuni ristoranti della zona, puntualmente vengono riproposti il classico pinzimonio, con olio extravergine di oliva di Trevi, la parmigiana di sedani neri, oltre ai già citati sedani ripieni.
Un importante riconoscimento il sedano nero di Trevi lo ha da tempo ottenuto: è uno dei primi presidi Slow Food certificati in Umbria, insieme al “Cicotto di Grutti”, la “Fagiolina del lago Trasimeno”, la “Fava cottòra dell’Amerino”, il “Mazzafegato dell’alta valle del Tevere”, la “Roveja di Civita di Cascia” e il “Vinosanto affumicato dell’alta valle del Tevere”.
