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…Abita il lago e n’è signora Agilla,
ninfa e maga, servita da un corteggio
d’altre ninfe. Si dice, quando l’acque
sono tranquille, che Agilla è tranquilla;
quando furiose, che Agilla è furiosa;
e, quando l’acque brillano, si dice
che brillano i suoi occhi di letizia;
e, quando sono pallide, ch’è pallido
il suo viso per cosa che la cruccia…

da Alessandro Valecchi (Edizioni Guerra) “Agilla e Trasimeno – Taccuino del Lago”

Le più grandi storie dell’antichità provengono dalla tradizione orale, dal trapassare miti e leggende da generazione a generazione. Tra gli esempi più famosi troviamo l’Iliade e l’Odissea, le quali trasposizioni scritte sono tradizionalmente attribuite ad Omero. In questo contesto, anche la nostra regione porta con sé storie dalla tradizione orale. Una leggenda particolarmente interessante si dice arrivi dagli Etruschi, il popolo che abitò l’Umbria fino alle sponde del Tevere prima dell’arrivo dei Romani. Questa è la leggenda di Agilla e Trasimeno, che ancora oggi è conosciuta e tramandata da alcuni degli abitanti del Lago Trasimeno.

agilla e trasimeno

La leggenda viene citata da Matteo dall’Isola ne La Trasimenide (libro I, versi 156-166) e narra di Trasimeno, uno dei figli del re etrusco Tirreno, considerato un giovane bellissimo e voluto da tutte, che viene mandato dal padre a comandare le truppe Etrusche contro il popolo degli Umbri. Trasimeno vince la battaglia e conquista la zona del lago, appostando il proprio esercito alle sue sponde. Durante la notte lo spirito di un uomo gli appare in sogno e questo lo invita ad andare sull’isola più grande del lago, dove aveva nascosto un tesoro prima di morire. Il mattino seguente Trasimeno e i suoi uomini decidono di avventurarsi sull’isola, oggi Isola Polvese. Camminando si ritrovano in una radura dove una donna sta raccogliendo dei fiori. Appena Trasimeno la vede se ne innamora perdutamente e lei, che in realtà era la ninfa del lago, Agilla, lo invita nel suo castello. Nonostante le proteste dei suoi uomini, Trasimeno la segue e poco tempo dopo i due si sposano. Nel frattempo, gli etruschi tornano a casa senza Trasimeno, il quale viene dato per disperso. Trasimeno e Agilla vivono insieme e felici nel castello sull’isola ma un giorno il principe decide di andare a nuotare nel lago dove si ritrova bloccato e viene spinto verso il fondale, senza poter tornare in superficie. Quando Agilla scopre della morte del suo amato, si dice il suo pianto venne udito da tutti gli abitanti che abitavano le sponde del lago e che il suo strazio fu talmente grande che decise di chiamare il lago, lago Trasimeno, così che l’uomo che amava non sarebbe mai stato dimenticato. Da allora, nelle serate di agosto, quando una brezza leggera vola sulle acque del lago e fa stormire le foglie, si dice che è il lamento della ninfa Agilla, alla ricerca del bellissimo principe. La versione di questa storia è stata presa da “Agilla e Trasimeno – Taccuino del Lago” di Alessandro Valecchi, un testo di poche pagine scritto in poesia che, nonostante sia scritto in dialetto, è molto comprensibile e riesce ad emozionare.

Come ogni storia, però, anche quella di Agilla e Trasimeno ha diverse versioni. La variante di Loscalzo in Fiabe Umbre racconta che Agilla viveva in un castello di vetro sotto l’isola Polvese da cui potevi entrare passando per una grotta, un’apertura all’interno della roccia, quasi impercettibile. Agilla era stata rinchiusa nel castello da Oceano, padre di tutti i corsi d’acqua, fiumi e laghi, perché la ninfa si innamorava facilmente di tutti gli uomini mortali. Quando Trasimeno vinse contro gli umbri, espandendo il territorio etrusco fino al Tevere, decise di costruire il suo castello sopra alla Polvese. Agilla se ne innamorò e, vedendola triste, il padre Oceano acconsentì di vivere liberamente i suoi sentimenti. Le ancelle ninfe di Agilla portarono il principe Etrusco da lei che decide di offrirgli vita eterna insieme. Trasimeno torna sull’isola ma continua a pensare ad Agilla, consumato d’amore per lei. Decide quindi di tornare e Agilla gli concede la vita eterna ma, per errore, non l’eterna giovinezza. Quindi Trasimeno non muore ma invecchia, diventa cieco e sordo. Il loro amore, però, non svanisce ma si rafforza. E si dice che ancora oggi, nelle notti d’estate, si può vedere Agilla portare l’amato sulle spalle, sostenuto dall’amore l’una per l’altro.

agilla e trasimeno

Un’altra versione, forse “più storica” e meno romantica, racconta che quando il principe etrusco Tirreno, proveniente dal monte Amato, occupò alcune zone circostanti al lago, per sedare le dispute riguardanti i confini con l’etrusco Amno, figlio di Fauno e padrone del Lago, fu combinato il matrimonio fra Trasimeno, figlio di Tirreno, e Agilla, figlia di Amno, che portò in dote il Lago, a cui fu attribuito il nome dello sposo. Più verosimilmente il nome Trasimeno deriva dal composto di trans Imenus, “oltre l’Imeno” (o “Menio”), come anticamente si chiamava il monte che lo delimita a settentrione. Ma la più accreditata rimaneva la teoria relativa all’espressione trans minus vide laco, ossia “tra i monti vedrete il lago” o più probabilmente “attraverso il colle piccolo vedi il lago”, in uso per orientare i forestieri che viaggiavano verso Perugia. Tutte queste teorie sono state messe di nuovo in discussione dal ritrovamento della Tabula Cortonensis, manufatto bronzeo etrusco dell’inizio del secondo secolo a.C., sulla quale è riportato il nome etrusco del lago, Tarminass, di chiara somiglianza con la forma latina, ad evidenza della probabile origine etrusca del toponimo, vista la localizzazione geografica del lago in piena Etruria.

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