Cavalli con finiture d’argento e pietre maledette sono la cornice leggendaria perfetta per questo luogo magico, denso di storia.
I ruderi dell’abbazia di Santo Stefano in Manciano sorgono su di un colle, nei pressi di Trevi, a 527 metri sul livello del mare.
Raggiungere l’abbazia non è semplice, bisogna percorrere una strada completamente immersa nella fitta vegetazione, ma il bosco, nel momento giusto, apre agli occhi del visitatore un luogo dal fascino indiscusso.
In origine questa chiesa, dallo stile romanico, era un luogo di culto rinomato nella zona, si dice che fosse abitata da monaci, prima della congregazione dei Benedettini e poi degli Umiliati. Durante il periodo delle lotte tra Comuni umbri, divenne molto nota per la sua posizione strategica. Da qui si gode infatti di un’ottima vista su Foligno, su parte della vallata e sui valichi di confine.
Oggi l’abbazia si presenta al visitatore quasi totalmente divelta. Restano in piedi parte delle mura perimetrali, una parte della cripta e dell’abside. Il campanile, non è più visibile, probabilmente crollato a seguito di un fulmine.

Come spesso succede in Umbria, regione avvolta da religiosità e da misteri, nella nostra esplorazione ci imbattiamo subito in racconti e leggende alquanto curiose che aleggiano attorno a questa chiesa. La più importante e diffusa la vorrebbe custode di un tesoro nascosto. Si narra che i monaci operanti nella struttura fossero talmente ricchi ed in possesso di grandi quantità di argento, tanto da poter ferrare con questo nobile metallo i propri cavalli, che erano bardati con finiture anche esse argentee, tali da donare una strana luminosità ai cavalli nelle notti di luna piena.
I racconti popolari narrano che un lupo, mentre attaccava i cavalli, si spaventò a tal punto per questa luminescenza da scappar via senza ferire gli animali.
Questo introvabile tesoro, derivante probabilmente non solo dalle donazioni dei poveri abitanti della zona, ma composto anche da monete e gioielli in argento, sarebbe ancora sepolto nei pressi del monastero.
Un’altra curiosa leggenda legata a questo luogo è quella delle pietre maledette.
Gli abitanti della zona, dopo l’abbandono della chiesa, scomoda da raggiungere, utilizzarono parte delle pietre della struttura per realizzare delle rimesse per attrezzi e delle stalle per gli animali. Il bestiame iniziò in seguito misteriosamente a morire. Da qui prende il via la storia delle pietre maledette.
Grazie a questa “maledizione”, il luogo non è più stato depredato dei materiali di costruzione ed oggi possiamo ancora ammirare quel che resta di questa storica abbazia.
