A Foligno è conservato un dipinto di proprietà del comune, un ritratto per essere precisi. Rappresenta Francesco Ceccarelli, cantante evirato vissuto fra il 1752 e il 1814.
Un quadro semplice nell’aspetto, realizzato per tramandare ai posteri la fisicità e l’espressione di un artista che molto fece parlare di sé nel XVIII secolo.
Fu donato alla città nel 1936 da Faloci Pulignani, che lo aveva ricevuto in eredità da una nipote dello stesso cantante.
Oggi quel dipinto, attribuito nel 2013 al ritrattista ufficiale di Mozart per ottima intuizione della musicologa Biancamaria Brumana, permette di immaginare non solo l’aspetto del cantante, ma anche la sua voce e di approfondirne la vita: la storia di un musicista umbro DOC, che portò le proprie capacità canore in alcune grandi capitali d’Europa.

Francesco Ceccarelli: la vita
Nonostante le informazioni sul musicista siano molto più scarse e frammentate rispetto a quelle a disposizione per altri artisti più noti, grazie ad alcuni epistolari e documenti ufficiali è possibile distinguere tre fasi nette nella vita dell’interprete: nascita ed anni vissuti in Umbria, periodo Salisburghese e periodo del servizio alla corte di Sassonia.
Gli anni in Umbria
Dell’infanzia e della formazione musicale di Ceccarelli non si sa molto a causa della scarsità di fonti descrittive ad oggi disponibili. Nato a Foligno nel 1752, probabilmente visse un’infanzia nella norma, segnata nettamente solo dalla musica e dall’evento che poi lo avrebbe reso famoso nei teatri e nelle corti: la castrazione.
Il musicista venne evirato, come usuale, prima della pubertà così da evitarne la maturazione vocale. Altre informazioni certe non sono reperibili fino alla comparsa del ragazzo sui principali palcoscenici umbri.
Si perfezionò certamente per lungo tempo a Città di Castello con il Contralto Florido Baldigara, in una Castello dominata di fatto dallo stato della Chiesa.
La sua prima esibizione documentata di un certo rilievo si verificò durante il carnevale del 1770, presso il Teatro del Leon d’oro di Perugia. Qui, come abbastanza frequente per il suo registro vocale, interpretò i ruoli femminili di Angelica e Fiorina rispettivamente in due melodrammi giocosi: Le astuzie di Rosina e Burlotto di Carlo de Franco e Le contadine bizzarre di Niccolò Piccinni. Non averne mai sentito parlare non è grave dato che queste due opere vengono ad oggi rarissimamente messe in scena nei teatri d’opera.
Dal 1770 fino al 1774 continuò ad esibirsi principalmente in Umbria, ricoprendo il ruolo stabile di cantore presso la Cattedrale di Città di Castello.
Qui, nel Teatro degli Illuminati, un edificio voluto nel XVII secolo dai membri dell’Accademia degli illuminati e ancora oggi molto attivo, interpretò nel 1772 un altro ruolo femminile, Roccolina. Fu negli intermezzi musicali di Pietro Guglielmi chiamati gli Uccellatori.
Nel 1773 ritornò a Perugia, questa volta in un teatro molto più noto, il Teatro Pavone. L’occasione è quella già descritta nell’articolo dedicato a Francesco Morlacchi: la riapertura del teatro dopo una serie di rinnovamenti e migliorie.
L’esibizione del ’73 è particolare anche perché non vide il Ceccarelli in ruoli femminili, tutt’altro: interpretò Gantarde nell’Alessandro nell’Indie di Antonio Sacchini e Marco Fabio nell’opera Quinto Fabio di Pasquale Anfossi.
Ciò dimostra, contrariamente alle convinzioni più diffuse, che un castrato dell’epoca non aveva un registro vocale utilizzato esclusivamente per la sostituzione delle voci femminili nelle opere. Spesso questi cantori si calavano anche in panni molto rudi e maschili. Semplicemente se servivano gorgheggi particolarmente complessi o estensioni molto ampie al compositore, a risolvere il problema erano questi professionisti.
Tornando alla vita in Umbria del Ceccarelli, questi si esibì anche nella città natale nel 1774. Fu nel Demetrio di Carlo Monza al Teatro dell’Aquila di Foligno, sempre durante il carnevale.
La carriera operistica del cantante in Umbria terminò proprio in quell’occasione. Da lì, altri ruoli lirici sono documentati a Venezia e Verona nel 1775 e 1776, scemando sempre più. Dal ’77 infatti Ceccarelli preferì dedicarsi alla musica sacra e da concerto.
Iniziò così il periodo di attività a Salisburgo, uno dei più noti della vita del castrato. Grazie alla grandissima quantità di lettere della famiglia Mozart, dirette al Ceccarelli o nelle quali viene citato, è stato possibile ricostruire molti aspetti della vita del cantante nella città austriaca.
Periodo salisburghese
Come analizzato da Biancamaria Brumana in una delle sue trattazioni (Il cantante evirato Francesco Ceccarelli : un ritratto e nuovi documenti sugli anni di Dresda) , la prima citazione del cantante nelle lettere dei Mozart si trova in una missiva del 28 ottobre 1777 di Nannerl Mozart, sorella del celeberrimo compositore, indirizzata alla madre e al fratello.
In questa particolare lettera è presente una descrizione fisica oltre che vocale del castrato. Nannerl ne parla come di un uomo di grande statura, dal viso allungato e dalla fronte bassa. Possiamo riconoscere in questa descrizione l’uomo rappresentato nel quadro di Foligno citato inizialmente.
La ragazza descrive anche il timbro vocale del cantante, inizialmente non apprezzato né da lei né dal padre Leopold Mozart, anche lui musicista ed esperto.
Nella lettera compaiono commenti come “Ha una voce un po’ nasale” oppure “certi suoni gli restano soffocati in gola e la voce non è molto potente”.
Questo iniziale giudizio, trasmesso a Wolfgang Amadeus Mozart, cambiò nettamente in poco tempo. Il cantante di Foligno, ormai assunto presso la cappella dell’arcivescovo a Salisburgo, divenne un assiduo frequentatore della famiglia Mozart. Un umbro DOC in una delle case musicalmente più prolifiche e raffinate di tutta l’Europa del XVIII secolo.
Mozart e Ceccarelli divennero grandi amici e collaboratori: fu lodato più volte dal compositore austriaco per le proprie capacità canore e musicali. Nel dicembre del 1777 cantò la parte di soprano nella messa in Sib maggiore K.275. Nell’aprile del 1781 Mozart compose appositamente per l’evirato un recitativo e rondò. La composizione “personalizzata” era frequente quando vi era una prolifica collaborazione fra un cantante e un compositore. I pezzi spesso venivano realizzati come un abito: a misura di esecutore.
Le lettere raccontano anche le giocosità in famiglia, disegnando un quadro di profonda intimità e confidenza. Da citare sono le serate passate a suonare il violino con Nannerl e Wolfgang o il simpatico flirt tra il Ceccarelli e Katherl Gilowsky, la figlia del barbiere di corte a Salisburgo, la quale si comportava da “mattarella” con il castrato.
È grazie all’epistolario dei Mozart che è stato possibile identificare l’autore del ritratto conservato a Foligno rappresentante Francesco Ceccarelli. Come brillantemente intuito da Biancamaria Brumana, l’autore del dipinto è Johann Nepomuk della Croce, ritrattista anche della famiglia Mozart.
Ciò lo si deduce dal confronto di un’altra rappresentazione della famiglia salisburghese con il ritratto del cantante.
Salta nettamente all’occhio un elemento ambientale dello sfondo, una statuetta di Apollo con la lira, presente in entrambi i quadri. Praticamente una firma del pittore tirolese Nepomuk della Croce. Ancora non vi è certezza assoluta su questa attribuzione, ma ulteriori studi recenti sembrano confermarla.

Francesco Ceccarelli a Dresda e l’incontro con Morlacchi
Come si dice? “Quanto è piccolo il mondo”, oggi come nel XVIII secolo. Alla fine del suo periodo salisburghese, intorno agli inizi dell’800, il cantante evirato si trasferì alla corte di Sassonia, assunto come Kammersänger (cantante di musica da camera) alla corte di Dresda.
Qui conobbe molto bene Francesco Morlacchi, come attestano le fonti scritte. Due Francesco, musicisti e umbri, insieme in una grande corte europea. Un orgoglio del quale andare fieri ancora oggi. Il documento più rilevante nel quale compare il nome del compositore perugino è il testamento del cantante, stilato nel 1811. In questo testo ufficiale Morlacchi viene nominato vice esecutore testamentario.
È un segnale di grande confidenza e fiducia fra i due. Conoscendo gli eventi che seguirono la stesura del testamento il compositore in seguito forse rimpianse questa amicizia, dato che per molti anni, la sorella e il fratello di Francesco Ceccarelli, dopo la sua morte, litigarono per l’eredità. Con Morlacchi nel mezzo a fare faticosamente da coordinatore e da paciere.
Tra i due probabilmente l’amicizia fu cementata da un’attività musicale coordinata e prolifica. Uno di quei rapporti di lavoro che per affinità di idee e di approccio diventano molto di più. Avendo entrambi un contratto presso la corte di Dresda, è possibile che Ceccarelli partecipò alla gran parte delle rappresentazioni di corte come esecutore, comprese quelle composte e coordinate da Morlacchi.
Fra queste, la Passione di Gesù eseguita nella chiesa cattolica di Dresda durante il sabato santo del 1812. O ancora, il Magnificat per 2S2A, coro e orchestra, l’Alma redemptoris per SAB, coro e orchestra, e la prima assoluta del Miserere alla Palestrina composto da Morlacchi del 1814.
Purtroppo questa rappresentazione sacra vede Ceccarelli cadere in un errore vocale estremamente grave.
A causa dell’enorme difficoltà del pezzo, affidato alla vocalità di 3 solisti (un soprano, un contralto ed un tenore – contrariamente all’originale che prevedeva un intero coro) i cantanti sbagliarono completamente intonazione.
Ceccarelli attaccò il canto un quarto di tono sotto, seguendo l’errore del soprano Sassaroli, che lo aveva preceduto nell’iniziare il pezzo.
Uno shock equivalente a quello provato per la “stecca” di Placido Domingo nel Trovatore rappresentato a Vienna nel 1978: semplicemente da dimenticare per rendere giustizia a un cantante dalla bravura eccezionale.

Cosa voleva dire essere un “castrato” nel XVIII secolo
Per comprendere a pieno cosa volesse dire al tempo di Ceccarelli essere un “castrato” può essere utile partire da una definizione del concetto.
Il “castrato” era una tipologia di cantante, oggi non più esistente, con potenza vocale da adulto e timbro infantile. Al tempo, per distinguerlo dalle altre voci, venivano utilizzati termini meno espliciti, come musico.
Spesso, ma non sempre, a lui venivano affidati ruoli femminili. Ciò non tanto a causa del colore della voce, ma dell’estensione molto ampia la quale permetteva coloriture e gorgheggi sorprendenti, molto difficili contrariamente per voci maschili e femminili pure.
Come già accennato, l’evirazione in questi soggetti veniva effettuata prima della pubertà, cioè prima dell’apparizione dei caratteri sessuali principali. In particolare questo tipo di intervento arrestava lo sviluppo della laringe preservando il timbro e l’estensione acuti tipici delle voci bianche.
Questo genere di cantanti fu molto di moda fra il XVII e il XVIII secolo, ma le origini della pratica sono precedenti. Alcune fonti parlano di un coro di eunuchi del IV secolo operante a Costantinopoli, famoso ed apprezzato. È però un unicum nella storia, almeno fino al 1589, anno in cui la pratica della castrazione ricomparve. Nello specifico, fu in quell’anno che Papa Sisto V riorganizzò il coro della Basilica di San Pietro, aggiungendo all’organico cantanti evirati, per sopperire all’inevitabile mancanza di voci femminili per l’esecuzione delle parti acute.
Da qui l’idea che i castrati sostituissero sempre le donne in tutte le rappresentazioni musicali pubbliche. In realtà gli eunuchi sostituirono sempre le voci delle donne a partire dal XVI secolo solo in ambito ecclesiastico.
Con la nascita del melodramma vero e proprio le donne spesso cantarono in teatro e molti componimenti vennero realizzati proprio per alcune di loro note ed apprezzate.
La sostituzione sistematica delle voci femminili nei teatri d’opera cominciò a verificarsi solo dopo il divieto fatto alle donne di apparire sui palcoscenici di Roma (mulier taceat in theatro) che comunque non si diffuse neanche in tutta Europa. La supremazia dei cantanti evirati è antecedente questo divieto. Divennero infatti estremamente alla moda soprattutto fra XVII secolo e XVIII secolo. In particolare nel corso di tutto il ‘700 oltre 100.000 bambini in Europa vennero evirati per preservarne le qualità vocali.
Solo pochissimi di loro, e fra questi Francesco Ceccarelli, riuscirono a raggiungere la fama e a sopravvivere.
L’operazione alla quale venivano sottoposti era in effetti rischiosa. Fino al 1770 la castrazione venne effettuata addirittura senza alcun tipo di anestesia. I decessi successivi furono poi legati agli anestetici stessi utilizzati sui bambini, tra i quali figura anche l’oppio.
Una barbarie che però portò alcuni musicisti a raggiungere davvero livelli di fama da grandi divi. I castrati come il notissimo Farinelli, Senesino, Ferri, vennero ammirati ed osannati esattamente come le superstar di oggi: furono in tutto e per tutto i Michael Jackson o i Freddie Mercury del XVIII secolo.
Ma come suonava all’orecchio la voce dei musici? È difficilissimo immaginarlo dato che l’ultimo celebre castrato dell’opera fu Giovanni Battista Velluti, morto nel 1861.
Le performance dei sopranisti di oggi, come ad esempio Michael Maniaci, anche se non perfettamente danno una blanda idea della vocalità di questi performers eccezionali. Sono rimaste però le arie composte appositamente per questi cantanti.
La musica interpretata o appositamente scritta per Francesco Ceccarelli
Come già detto, se comprendere a pieno come fosse la voce lirica dell’evirato folignate può essere difficile, è possibile almeno ascoltare ancora le melodie da lui originariamente interpretate o per lui appositamente scritte.
Eccone elencate alcune. Pezzi eterni, da sentire e risentire, con un pizzico di orgoglio regionale, perché realizzati appositamente per un musicista di alto livello, nato in Umbria, che per la sua bravura ha lasciato tracce indelebili nella storia.
- Le astuzie di Rosina e Burlotto di Carlo Franchi – ruolo di Angelica
- Le contadine bizzarre di Niccolò Piccinni – ruolo di Fiorina
- Gli uccellatori di Pietro Guglielmi – ruolo di Roccolina
- Demetrio di Carlo Monza
- Recitativo e Rondò A questo seno deh vieni or che il cielo a me ti rende K.374 di Wolfgang Amadeus Mozart (appositamente scritto dall’autore per la voce di Francesco Ceccarelli)
- Exultate, Jubilate (versione revisionata) di Wolfgang Amadeus Mozart (secondo il musicologo Cliff Eisen il pezzo fu appositamente revisionato e complicato da Mozart per adattarlo alle capacità del castrato folignate).