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A Montefalco due cicli pittorici esibiscono l’antagonismo tra Osservanti e Conventuali; due ordini francescani che assegnano alla vita e alle immagini posizioni contrastanti. 

Alla metà del ‘400 Montefalco era soltanto un villaggio; tra le campagne e all’interno delle mura avanzavano dei frati francescani con una semplice tonaca, tessuta con della lana grezza, di colore cenerino-grigio, ora più chiara ora più scura, in base alla lana che si aveva a disposizione. Alcuni di essi, i più attenti all’eredità del fondatore, indossavano ai piedi zoccoli di legno, motivo per cui venivano indicati con il nome di ‘zoccolanti’, e, ostili agli ideali di alcuni compagni, sedotti da una vita più agiata, erano inquieti di donar maggior decoro alla loro chiesa. Era appunto da qualche anno, dal 1442, che frate Antonio, eletto vicario provinciale, fremeva nell’utilizzare un’importante eredità, inizialmente destinata ai poveri, per restaurare, se non ricostruire, le fondamenta di una vecchia e diruta chiesa di campagna.

affresco benozzo gozzoli
cupola montefalco

Con gioia per i confratelli e dell’intero popolo, gli sforzi furono coronati: frate Antonio, giunto ben presto alla notizia che nella valle spoletina si muoveva un rinomato pittore, un certo Benozzo Gozzoli, decise di chiamarlo alla svelta e, affidandogli la decorazione della chiesetta, assistette a delle novità insolite, straordinarie per quei luoghi: la chiesa, così austera per la sua architettura, priva di immagini, finalmente non disponeva solo di un repertorio iconografico completo, ma di ornamenti alla moda: la Vergine non siede più in quei vecchi seggioloni con guglie, pinnacoli e colonnine alla gotica… è seduta in un trono dalla foggia antica, ricavato da un disegno di Donatello; la pala d’altare non è da meno, sfoggia tutta la nuova moda della ‘tabula quadrata’, e per anch’essa, niente più cimase né cuspidi… come predisse il grande Brunelleschi!

Dal convento di San Fortunato a quello di San Francesco

Le voci corrono e sappiamo quanta importanza avesse a quei tempi la competizione tra artisti; ma non meno forte doveva essere la rivalità tra le comunità religiose; soprattutto quando entravano in giuoco questioni di prestigio. Era appunto quanto avveniva a Montefalco, dove le passate concessioni agli Osservanti, e, successivamente, la nuova e moderna decorazione della diruta pieve di S. Fortunato, mettevano in discussione il primato dei Conventuali, insediati da tempo, sin dal 1242, dentro le mura di Montefalco.

I frati, consapevoli di quanto un edificio sacro e arricchito da pregevoli immagini rendesse più gradevole la visita dei devoti, pronti a ritornandovi più volentieri, decisero di chiamare a sé l’artista fiorentino; lo accompagnarono in chiesa e gli mostrarono un edificio ridotto in pessime condizioni: le guerre ne avevano indebolito le fondamenta; gli affreschi erano ormai vecchi, non attraevano più quanto succedeva in passato: sul transetto era un antico crocifisso, dipinto da un collaboratore di Giotto, mentre alle pareti vi erano immagini di santi disposte con pittoresco disordine.

Benozzo allora si armò di pennello e ne dipinse le pareti dietro l’altare maggiore, e nuovamente, con gran meraviglia, ridestò le pupille del popolo… la tradizione pittorica da loro conosciuta è nuovamente stravolta. Il modello proposto da Giotto, ad Assisi, viene totalmente abbandonato: le scene non corrono in orizzontale, come in una pellicola cinematografica, ma vanno da sopra verso sotto; e al suo interno, come nella Porta del Paradiso di Firenze, sono composte da più eventi in un’unica scena teatrale. Ma quanto più percosse i fedeli fu la possibilità di osservare, come in delle istantanee, una realistica veduta della valle, con il castello di Montefalco sulla cresta di un colle, Bevagna nella valle sottostante e, in fondo, le cittadine di Assisi e Spello, adagiate alle pendici del massiccio Subasio. Gli sguardi procedono e pare di vedere alcuni scorci di Firenze, con l’imponente Palazzo Vecchio, e Roma, con le fattezze dell’antica basilica di San Pietro.

Finiti i lavori Benozzo fodera i pennelli e parte per Viterbo, percorrerà le campagne e arriverà a Firenze, ma il suo lavoro diventerà una ‘fulgida sorgente di luce’ ed i suoi modelli rimisero in moto l’ingegno umbro, ‘ricavandone lumi e dottrina’.

Per informazioni su giorni di visite e orari di apertura consultare il sito https://www.museomontefalco.it/ 

cupola metà affreschi
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