Il Martirio di San Sebastiano, una straordinaria opera sopravvissuta alle secolarizzazioni.
A proposito della posizione geografica di Città di Castello, principale centro dell’Alta Valle del Tevere, si riscontrano diversi legami storici e culturali con le zone limitrofe della Toscana, delle Marche e della Romagna. Molti artisti hanno avuto modo di viaggiare fra l’Umbria e la Toscana, arricchendo il loro bagaglio culturale, e Luca Signorelli, artista toscano e allievo di Piero della Francesca, ne è uno dei maggiori rappresentanti.

I legami tra Luca Signorelli e il mondo culturale gravitante in Umbria sembrano evidenziarsi sin dagli esordi se, proprio a Città di Castello, si ammirano dei frammenti appartenenti ad un antico affresco oggi conservato presso il Museo Comunale. Avanzando nel tempo, l’elegante pittore lavora altresì come aiuto di Perugino, presso la Cappella Sistina, e, successivamente, mediante incarichi di rilievo in città quali Perugia e Orvieto, ottiene la cittadinanza onoraria presso Città di Castello (1488). Sono dunque proprio questi i legami che inducono il pittore, nel 1494, cacciati i Medici da Firenze, a trasferire la propria bottega in Umbria, considerata seconda solo a quella di Perugino. In questa nuova fase artistica le opere di Signorelli ostentano dei toni decisamente più patetici e popolari, conseguenza delle differenti esigenze della committenza provinciale.


Il San Sebastiano di Città di Castello
L’incantevole dipinto, originariamente presso la Chiesa di San Domenico, è la terza grande pala dipinta da Signorelli a Città di Castello. A differenza delle precedenti, un’Adorazione dei Magi ed una dei pastori – oggi conservate rispettivamente al Louvre ed alla National Gallery – l’opera è ancora nella città umbra, presso il Museo Comunale, ed è una delle testimonianze del nuovo modo di dipingere del pittore.
Il Martirio di San Sebastiano appare come un’opera sia di grande ispirazione artistica sia di notevole spessore culturale. Signorelli si avvale appunto dell’analogo soggetto dipinto da Piero del Pollaiolo, ma, con gran sentimento artistico, accentuata la commovente disperazione dell’evento ostentando un’energica muscolatura alla figura dei carnefici: ombre dense, espressioni cupe ed esaltazione delle armi, unite ai vividi colori degli abiti alla moda nel Quattrocento, producono un notevole pathos alla scena del martirio.

Vestiti alla moda e richiamo all’Antico in un’unica rappresentazione
Tipica del Quattrocento è la combinazione tra presente e passato. I personaggi sono appunto abbigliati con costumi alla moda che spiccano nei lineamenti eleganti dei soldati, con i farsetti e le calzemaglie che mettono i evidenzia la linea del corpo; un carattere tipico nella moda maschile del tempo. Il gusto quattrocentesco è oltretutto incorniciato da un elegante scenografia che con il suo arco di trionfo, l’anfiteatro e l’elegante loggia, mostra un eccellente richiamo antiquario. L’antichità romana non sembra comunque mescolarsi solo con la moda quattrocentesca se, alla nostra sinistra, il pittore dipinge un’irta strada di un borgo medievale. Le piccole case, distinte da colori vivaci, tipicità dei borghi del medioevo, sono vivacizzate da balconi stretti e animati da figure affacciate in strada, tutte incentrate a commentare i soldati che conducono il santo presso il luogo del martirio.
Per informazioni su orari e giorni di apertura del museo, visitare il sito https://www.cittadicastelloturismo.it/arte/musei/
