Buongiorno a tutti, mi presento: io sono lo Spettacolo. Mi conoscete in musica o in prosa, ma credo che non vi sorprenderò se oggi, senza particolar motivo se non quello di intrattenere un po’ come mio solito, racconterò una storia scritta. Così, per fornire un particolare esempio di come mi piace alcune volte esser trattato.
La storia mi coinvolge decisamente, perché riguarda una sorta di regalo che mi fecero, nell’ormai lontano 1993, alcuni cari amici certamente appassionati del Borgo di Trevi.
Come è noto io, lo Spettacolo, raggiungo i massimi livelli in ambienti realizzati su misura: come fossero abiti sartoriali. Tra questi luoghi, una delle tipologie che amo di più sono i teatri: piccoli o grandi, non mi importa, basta che possano ospitare un pubblico disposto a farsi ammaliare e dei bravi artisti capaci di trasmettere, solo qualche ora, competenza, tecnica eccelsa, e sopra ogni altra cosa delle grandi emozioni.
La storia che vado a raccontare ha proprio a che fare con un teatro a Trevi: nello specifico il Teatro Clitunno. Un teatro antico, nato nel 1875.
Teatro Clitunno… è un nome tratto da un vicino fiume. Peccato che a metà degli anni ’80 l’attività teatrale di quel posto non scorresse proprio libera e fluida, come quella dell’omonimo corso d’acqua.
Forse era stata la guerra a metà secolo, o il boom economico, la televisione o gli anni di piombo. Fatto sta che nel 1986 il teatro soffriva le intemperie ed era utilizzabile si e no.
Io, lo Spettacolo, avrei dovuto continuare il mio lavoro anche in quel luogo. Ma non ero propriamente messo in condizione di farlo agevolmente. Alla fine non sono mai aggressivo, e quando non ho dove lavorare, mi ritiro solitamente a riposare senza fare gran rumore. Mi nascondo a sonnecchiare nelle pagine di grandi autori e compositori, aspettando che qualcuno mi dia un posto nuovo e adatto ad esibirmi: un posto dove essere in tutto e per tutto me stesso, lo Spettacolo.
L’ho fatto negli ultimi due anni, anche se un po’ arrabbiato…
Lo feci a Trevi anche dagli anni ’70 al 1983.

FIO ’86
La colpa di questa immobilità non era veramente di nessuno in particolare; semplicemente il tempo passava e consumava. Causava ineluttabile danni strutturali a quel teatro in centro storico, che già nel 1932 era stato restaurato accuratamente.
Serviva un altro rinnovamento. Perché per un Palazzo, in cui quasi ogni sera passano centinaia di persone, trent’anni sono tanti.
Purtroppo per restaurare un luogo di ogni tipo ci vuole del denaro. In quanto Spettacolo, non lo dico per essere polemico, raramente vedo molti soldi, ci sono abituato, perciò non mi aspettavo, allora, azioni rapide lì a Trevi per risolvere la situazione. L’Umbria invece mi sorprese. Per questo ricordo con affetto questa storia.
A metà degli anni ’80, consapevole di fare un atto con valenza culturale e sociale, oltre che urbanistica, la Regione Umbria inserì il Teatro Clitunno di Trevi nel programma per il recupero artistico e funzionale di ben 19 fra i sui teatri più importanti. L’iniziativa si chiamava FIO ’86 e prevedeva ben 12.129 milioni di lire per la ristrutturazione degli edifici teatrali. Mica male!
Per il teatro, che richiedeva più sicurezza e un consolidamento strutturale radicale fu un sollievo. Per i cittadini e per me fu un gran traguardo ed un grande ritorno.
Ci vollero in realtà alcuni anni per cominciare i veri lavori, ma ne valse davvero la pena.

Il restauro 1986 – 1993 del Teatro Clitunno
Ricordo ancora vivamente i nomi degli architetti che stilarono i progetti di rinnovo: Giuseppe Tosti prima, Paolo Leonelli e Mario Struzzi poi, autori del secondo progetto. Nulla fu lasciato al caso. Per mantenere ogni dettaglio e ogni caratteristica storica, di costume, e le tecniche architettoniche ed artistiche dei decori del teatro, furono coinvolte tutte le maestranze. Nessuna esclusa.
Nella parte esterna fu mantenuto intatto l’aspetto originale della facciata. Oggi la potete vedere uguale ad allora, con la sua grande scritta a caratteri cubitali “TEATRO CLITUNNO” che accoglie chiunque arrivi in piazza del teatro. Rimase anche la copertura in legno. Fu trattata, giustamente, con antitarme e vernice ignifuga. Il tetto fu rafforzato, rimanendo però a botte. Fu trovata una nuova collocazione alle uscite di sicurezza.
Anche le reti elettriche e di riscaldamento furono rinnovate e poste in canali appositi, coperti con decori così pregiati che neanche io che di luoghi di cultura ne ho visti molti ebbi da ridire granché.
Una cosa che mi piacque molto fu che nessuna stanza cambiò funzione e collocazione. Il teatro era ben strutturato: perché cambiare? La hall di tre sale, il buffet, i camerini: tutto rimase al suo posto. Gli diedero solo una gran bella ripulita.
Ciò che mi sorprese di più fu il restauro delle decorazioni pittoriche. Sopra ogni altro quello del plafone: provai una meraviglia quando lo vidi rinnovato nel 1993. I putti mi fissavano orgogliosi, di nuovo pitturati nei loro colori originali, ma non smorti come prima, accesi come fuochi. Davvero mi parve di vedere il cielo azzurro nella finta cupola di vetro del soffitto, disegnata con maestria in trompe l’oeil.
Tornai a lavorare nel Teatro Clitunno nel 1993. Emozionato e teso feci aprire lo splendido sipario firmato Domenico Bruschi e ricevetti applausi su applausi: quelli di animi felici di esser sollevati dai pensieri quotidiani, in un turbinio di idee e sensazioni, che solo il palco sa trasmettere.
Il Teatro Clitunno tornò allora nuovo di zecca. Ma devo ammettere che a me una paura continua a non passare. Ho paura che come in passato si dimentichino di me, dello Spettacolo. Non a Trevi, dappertutto. Per questo ho raccontato questa storia: per ricordare che anche io ho bisogno di attenzioni, cura, manutenzione.
Perché sì, è vero che la musica, la danza, la prosa, si possono fare ovunque. È anche vero però che è in un teatro, creato e pensato per lo scopo, che tutte queste arti regalano le più grandi emozioni e danno il massimo.

Nota. Tutte le fotografie e le informazioni sono state tratte dal volume Il Restauro Del Teatro Clitunno Di Trevi realizzato dalla Regione Umbria, e sono quindi di proprietà della stessa.