La splendida Corciano non è solo il suggestivo ed elegante paese medievale straripante di bellezze artistiche, dove il tempo sembra essersi fermato, dove ogni vicolo nasconde uno scorcio da immortalare e portare nella memoria.
La cittadina, una dei borghi più belli d’Italia, vanta anche un Antiquarium assolutamente da visitare, al cui interno si conservano preziosi reperti archeologici provenienti dal territorio circostante. Il percorso inizia con la sezione paleontologica, in cui sono esposti alcuni resti fossili di ammoniti e di mammiferi quaternari rinvenuti ad Ellera, tra i quali si segnalano quelli dello smilodonte, meglio conosciuto come “tigre dai denti a sciabola”.
Si prosegue con la sezione preistorica, formata dalla collezione Augusto Mori, che raccoglie numerosi manufatti litici provenienti da tutta l’Umbria. La Protostoria e l’età del Ferro sono ben rappresentati soprattutto dai materiali ceramici rinvenuti nell’area del Trasimeno, tra cui spiccano i bei vasi villanoviani a decorazione geometrica. Ma forse, la vera punta di diamante del museo, è la sezione classica. Si parte con l’arcaismo e con le ricostruzioni di due carri (un currus e un carpentum) scoperti nella sontuosa tomba rinvenuta nel 1812 nei pressi di Castel San Mariano. Il seppellimento, databile tra 570 e 520 a.C., conteneva molti materiali in bronzo tra cui un completo servizio per il banchetto e ben tre carri decorati con lamine bronzee sbalzate, di cui due da parata e un carpentum, chiara testimonianza della ricchezza e del potere dei proprietari.

Segue il celebre sarcofago delle Volpaie, un cinerario in pietra fetida con decorazione dipinta a motivi geometrici databile tra IV e inizi del III sec. a.C., la cui tipologia è caratteristica della zona di Chianciano, Chiusi, Cetona e Sarteano. Dai santuari del territorio, solitamente posti in corrispondenza delle principali vie di penetrazione, in prossimità di valichi intermontani o comunque di frequentati luoghi di passaggio e di scambio, provengono i numerosi bronzetti votivi esposti. Sono moltissimi in Umbria i santuari rurali preromani collocati lungo i principali tracciati viari, e costituiscono i fulcri di un sistema di controllo del territorio precedente alla formazione della città. Negli ex-voto si possono cogliere le tracce di una religiosità popolare legata agli aspetti più elementari della sopravvivenza (ad es. richiesta di salute e fertilità).
Tali oggetti possono essere in bronzo (si pensi alle statuette antropomorfe di offerenti o di animali) o in terracotta (riproduzioni anatomiche prodotte a stampo di braccia, gambe, mani, piedi, teste, genitali maschili e femminili, bambini in fasce) e si ritrovano molto spesso nelle stipi votive, ovvero in buche realizzate nel terreno nelle quali i sacerdoti deponevano i votivi che non era più possibile contenere all’interno del santuario.


Ultima della parte dedicata all’archeologia classica – certamente non per rilevanza – la sezione ellenistica, che vanta i materiali provenienti dalle necropoli di Strozzacapponi e Fosso Rigo. Se le ricostruzioni di tre di queste sepolture sono davvero suggestive e ben realizzate, l’attenzione è subito catturata dalle urne dipinte della tomba di Strozzacapponi. L’importante contesto tombale, noto come “tomba dei letti funebri”, è stato rinvenuto intatto nel 2008, in occasione degli scavi per la realizzazione di una rotatoria in loc. Strozzacapponi, che svelarono un’estesa necropoli formata da oltre cento tombe. Si tratta di una tomba ellenistica a camera scavata nel travertino, preceduta da un lungo dromos, riferibile alla famiglia degli anei marcna, assai rilevante per la presenza di urne che conservano quasi perfettamente (anche grazie ai sapienti interventi di restauro effettuati) i colori con cui i Rasna decorarono le casse e i coperchi dei cinerari (rosso, azzurro, nero, rosa, verde, viola, ocra).
I coperchi, su cui corrono le formule onomastiche rubricate, sono a doppio spiovente o con defunto semirecumbente. Le casse, al cui interno si sono rinvenuti alcuni resti del tessuto che doveva contenere le ceneri del defunto (in alcuni casi con bordo decorato da porpora di Murex), presentano eccezionali rappresentazioni ad altorilievo tra cui si annoverano scene di commiato e di assedio alla città, lotta tra Centauri e Lapiti, Scilla, figure femminili e bucrani.

Tra queste è soprattutto quella con la rappresentazione di Scilla a colpire il visitatore. Il mostro marino che stritolò tra le sue spire i compagni di Ulisse è raffigurato a torso nudo mentre stringe in mano un timone ed è contraddistinto da una doppia coda di serpente color acquamarina perfettamente conservata. Anche l’urna femminile con cassa decorata da una scena di commiato è assolutamente straordinaria sia per il soggetto in sè che per la vivace policromia. I due coniugi, posti l’uno di fronte all’altro e accompagnati dai rispettivi servitori, si guardano tenendosi per mano, in un gesto di estrema tenerezza; il servo sulla destra porta lo scudo, mentre quello a sinistra sostiene un cofanetto (portagioie). Stupefacente la resa del pianto: dagli occhi dei quattro personaggi scendono le lacrime, che ne attraversano le gote per l’eternità. L’eccezionalità del seppellimento è confermata anche dal rinvenimento di due letti funebri decorati con lamine bronzee (di cui si offre un’efficace ipotesi ricostruttiva) posizionati in corrispondenza della banchina di sinistra, in prossimità dell’entrata. Salta subito all’occhio la raffinatezza delle zampe e dei fulcra con teste di anatra e di mulo.
La visita si chiude con la sezione dedicata alla fase della romanizzazione, periodo in cui il territorio fu occupato da molte villae. Queste residenze, collocate in prossimità dei centri abitati o lungo le principali vie di comunicazione, si articolavano in tre parti: pars urbana (residenziale), pars rustica (comprendente gli ambienti destinati agli schiavi, agli animali, agli attrezzi da lavoro, i magazzini, la latrina etc.) e pars fructuaria (destinata alla lavorazione e conservazione dei prodotti derivanti dall’agricoltura e dall’allevamento). I materiali esposti riferibili a questa fase sono costituiti da piccoli oggetti di uso quotidiano e da due tombe con relativo corredo. I due leoni trecenteschi che fanno da cornice rimandano alla Corciano medievale, la cui visita costituisce una meta obbligata per chiunque si trovi a passare in questo ameno angolo dell’Umbria.
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