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Una passione per il restauro e l’arte tramandata di generazione in generazione. Nasce così la storia del laboratorio Moretti-Caselli di Perugia, attualmente visitabile in via Fatebenefratelli.

La storia straordinaria di questo laboratorio-studio nasce con Francesco Moretti, allievo dell’Accademia di Belle arti, poi professore e direttore, direttore anche della Pinacoteca comunale (le cui opere furono esposte nel 1879 nel Monastero olivetano di Montemorcino e riordinate nel Palazzo dei Priori, ponendo le basi di quella che oggi è la Galleria Nazionale dell’Umbria), ispettore di antichità e belle arti e membro di vari comitati, commissioni e associazioni, quando avviò l’attività in maniera autonoma nel 1859. Amante della pittura su vetro, grazie al docente di pittura Silvestro Valeri, che scelse i suoi migliori allievi, Moretti, Eliseo Fattorini e Alessandro Zucchetti, per aiutarlo nella decorazione pittorica della cattedrale di Todi, tra il 1851 e il 1857. Qui venne in contatto con il conte Giuseppe Francisci che, con i suoi fratelli, stava cercando di far rivivere l’antica tecnica delle vetrate e i giovani pittori Fattorini e Moretti dipinsero le vetrate della navata destra. Alla morte del conte, le vetrate furono completate dai fratelli di Giuseppe, da Fattorini e da Moretti che firmò il suo primo lavoro l’Arcangelo Gabriele, mentre Fattorini dipinse la Vergine Annunciata. A raccontarci la storia di questa famiglia di mastri vetrai è Giorgio Panduri, ex insegnante di lingue e curatore dal 2006 dell’archivio, dichiarato nel 1998 di interesse storico dalla Soprintendenza archivistica. Mentre il laboratorio, ormai diventato museo, dal 2006 fa parte del circuito museale regionale e dal 2018 la biblioteca è dichiarata di interesse dalla Soprintendenza archivistica e bibliografica.

Incoronazione della vergine - laboratorio moretti caselli

Il restauro delle vetrate

“Sempre insieme ad Eliseo, Francesco Moretti, nel 1863, restaurò nella cattedrale di san Lorenzo di Perugia il finestrone del Cinquecento del pittore olandese Hans Van den Broek – racconta Giorgio Panduri -, che si trova nella cappella della Mercanzia e rappresenta la ‘Predica di San Bernardino’, a cui sono molto legati i perugini. E restaurò anche il finestrone del Quattrocento della chiesa di san Domenico, che si era frammentato per una caduta, le cui parti, in un primo momento, vennero inviate a Roma per il restauro. Poi il Comune di Perugia, che con l’alienazione delle proprietà religiose si era appropriato di tutte le chiese e i conventi, chiese la loro restituzione. A questo restauro cominciarono a collaborare sia Fattorini e Angelo Francisci, fratello di Giuseppe, ma dopo un anno i due abbandonarono l’impresa, poiché il Comune non voleva fare un contratto regolare. Moretti aveva una cattedra come docente all’Accademia, in più il Comune gli offrì il laboratorio-casa che era all’interno del convento di san Domenico, quindi proseguì il lavoro da solo, con l’aiuto del fratello Tito. L’opera fu conclusa nel 1879 dopo 16 anni”. L’attività del pittore Moretti riguardò sia restauri che produzione di vetrate originali, come il tondo con l’“Incoronazione della Vergine”, ispirata ad una pala del Perugino, attualmente conservata alla Galleria nazionale dell’Umbria, che fu presentata all’Esposizione universale di Parigi nel 1867 e poi vinse il gran premio all’Esposizione romana delle opere di ogni arte eseguite per culto cattolico del 1870. Nel 1873 Moretti eseguì anche il lucernario a motivi geometrici per la sala del Consiglio nel palazzo della Provincia di Perugia, “L’adorazione dei pastori” per la cappella del sant’Anello nella cattedrale di Perugia e altre opere.

Il trasferimento

Ad un certo punto, Moretti fu invitato dal Comune ad andarsene dal convento. “Questo trasferimento però gli dava qualche pensiero – prosegue nel racconto Panduri -, perché per realizzare i colori adeguati da usare sul vetro, studiò i testi antichi di chimica, perfezionò una tecnica e fece costruire una fornace. Nel Medioevo i vetri erano già colorati e venivano sporcati, per dare grossolanamente qualche sfumatura, con quello che si chiamava ‘grisaglia’, mentre Francesco Moretti dipingeva la vetrata come un quadro. Ma dato che il vetro veniva passato al forno a 600 gradi, i colori si volatilizzavano e lui riuscì a trovare una sostanza, costituita da elementi del vetro, che chiamò ‘fondente’. E proprio grazie a questi elementi, i colori diventavano vetrificabili, cioè a 600 gradi il colore si fondeva fissandosi sul vetro”. 

Sala dei colori - laboratorio Moretti-caselli

Tecnica complessa

E proprio grazie ad una fornace che fece costruire, i vetri venivano cotti più volte, così come più volte venivano dipinti e Moretti con piccole pennellate dipingeva una seconda volta ogni minimo spazio, in modo tale da risultare tutto bene amalgamato con la base sottostante. “Quindi per trasferirsi – prosegue nel racconto il responsabile dell’archivio -, Moretti avrebbe dovuto distruggere la fornace e farla ricostruire, ma non era sicuro dei risultati, così prese tempo, fino a quando non comprò, nel 1894, dalla Libera Università di Perugia, spendendo parecchi soldi per l’epoca e adattandola alle sue esigenze, la casa quattrocentesca di via Fatebenefratelli, l’unica casa dei Baglioni risparmiata dalla costruzione della Rocca Paolina, e vi installò il suo studio-laboratorio, dove ancora oggi le sue eredi mantengono viva la memoria”. La casa Baglioni dal 1571 al 1810 ospitò il Collegio Bartolino, residenza universitaria per giovani bisognosi e poi fu di proprietà della Libera Università di Perugia. E dopo l’acquisto da parte di Moretti, divenne residenza, studio e laboratorio dove cinque generazioni di mastri vetrai si sono succedute. 

Abside della Basilica di S. M. degli Angeli

Il nipote al seguito dello zio

Ad imparare quest’arte fu il nipote Lodovico Caselli, figlio della sorella, rimasto orfano di padre a 16 mesi e che venne cresciuto dallo zio come se fosse un figlio. Creativo e geniale, suggerì allo zio anche le nuove tecniche moderne. “Nella seconda metà dell’Ottocento era tutto un fervore di novità – racconta ancora Panduri – e gli propose, ad esempio, di utilizzare la fotografia. Le lastre fotografiche venivano proiettate con un proiettore e poi sul muro, sul cartone, ricalcavano le linee. Moretti e Caselli erano un po’ realisti, questa corrente pittorica del purismo si rifaceva alla pittura rinascimentale riadattata all’esigenze dell’Ottocento. L’obiettivo era copiare dalla realtà e i modelli dovevano essere tridimensionali. Il disegno sul cartone aveva una ricchezza di particolari incredibile. Per ottenere immagini perfettamente a fuoco e ben esposte, le vetrate venivano fotografate in studio a sezioni e le foto stampate venivano poi ritagliate e incollate insieme, praticamente anticipando manualmente quello che oggi facciamo con photoshop. E questa tecnica venne utilizzata nel 1911, da zio e nipote, anche per la foto delle sei vetrate della Basilica di Santa Maria degli Angeli”. Insieme realizzarono anche le nove vetrate delle navate laterali e il restauro del trecentesco finestrone dell’abside nel duomo di Orvieto, tra il 1888 e il 1911. E varie opere per l’Italia, perfino una vetrata per Londra e un’altra per Buenos Aires. Lodovico, inoltre, era molto legato a Papa Leone XIII, ex arcivescovo a Perugia, ed eseguì per lui alcuni quadri ad olio e affreschi per la chiesa di san Costanzo. Anche Lodovico, come lo zio, fu insegnante e direttore dell’Accademia di Belle arti e della Pinacoteca comunale.

Dopo la morte di Caselli proseguono l’attività le figlie

Rosa e Cecilia, a cui il Comune di Perugia ha intitolato i giardini di sant’Ercolano, portarono avanti il laboratorio di famiglia. L’opera più impegnativa la realizzarono, in cinque anni, con una vetrata di circa 40 metri quadri: la rappresentazione dell’”Ultima cena” di Leonardo Da Vinci che spedirono in America, nel 1930, per via mare. A commissionare l’opera fu il direttore del cimitero monumentale di Glendale, il Forest Lawn Memorial Park, a Los Angeles, in California, dove sono sepolte diverse personalità dello star system hollywoodiano. La vetrata è stata installata in questo giardino dell’eden. Singolare come da Los Angeles siano venuti a conoscenza del laboratorio Moretti-Caselli. Il direttore di questo cimitero venne in Italia, per la precisione ad Assisi e vide le vetrate, realizzate da Moretti e Caselli, della basilica di Santa Maria degli Angeli e ne rimase sorpreso. “Il frate che lo accompagnò in questa visita gli parlò delle sorelle Caselli e gli fece vedere anche degli esempi – racconta ancora Giorgio Panduri -. Nel 1923 Rosa e Cecilia completarono il lavoro del padre, morto l’anno prima. Gli era stato commissionato di lavorare alle vetrate della Basilica inferiore di san Francesco ad Assisi e realizzarono anche numerose vetrate per la basilica di santa Chiara, sempre ad Assisi: tre per l’abside, una per il rosone della facciata, una per la bifora del braccio destro della crociera, due per il braccio sinistro, due per la cappella di sant’Agnese. Nel 1928 restaurarono il finestrone centrale dell’abside della chiesa superiore realizzando otto formelle mancanti”. Rosa e Cecilia lavorarono anche all’abside dietro l’altare della cattedrale san Lorenzo, dove sono rappresentati i santi umbri.

Ultima cena di Leonardo da Vinci - laboratorio moretti-caselli

Altra commissione

Nel 1937, in pieno regime fascista, un industriale italiano, Luigi Fatti, che aveva la propria attività a Johannesburg, in sud Africa, vide la vetrata nel cimitero di Los Angeles e ne rimase entusiasta. Così pregò le sorelle Rosa e Cecilia affinché questa vetrata fosse replicata per l’Italia con la stessa grandezza e lo stesso tema. “Poi scoppia la guerra – continua nel racconto Giorgio Panduri -, quindi ebbero non pochi problemi durante la lavorazione. Nel 1944, per esempio, quando i tedeschi lasciarono Perugia fecero saltare la centrale elettrica in viale Indipendenza, sotto l’hotel Brufani, e la casa venne investita da frammenti che colpirono anche la vetrata. Quindi Rosa e Cecilia dovettero mettere di nuovo mano per ripararla. Alla fine riuscirono a terminare i lavori e a consegnarla, ma poi ne persero le tracce, fino a quando si scoprì che era stata dimenticata nei depositi comunali di Sansepolcro, città natale di chi aveva commissionato l’opera e che nelle sue intenzioni doveva essere data in dono alla città”. Il Comune di Sansepolcro nel 1992 per i 500 anni dalla morte di Piero della Francesca, ritrovò le casse con la vetrata e la collocarono nell’ex chiesa di san Giovanni, in via Buitoni, diventata “Spazio Bernardini-Fatti”, dove sono visibili anche le vetrate della collezione di Bernardini. 

 

L’arte vetraria tramandata dalle zie alla pronipote

Ovvero la cognata di Giorgio Panduri, Anna Matilde Falsettini, che, dopo aver studiato all’Accademia di Belle arti, lavorò per oltre 20 anni con le prozie Rosa e Cecilia, imparando come si faceva una volta nelle botteghe. Questa nobile arte Anna Matilde Falsettini la insegnò poi anche alle due figlie, Elisabetta e Maddalena Forenza, per far rivivere la passione per la pittura e continuare la perizia nell’esecuzione dei suoi antenati. Sono tanti gli studenti che per la loro tesi di laurea scelgono la storia del laboratorio Moretti-Caselli. Una storia importante per la città di Perugia che ha visto sia Francesco che Lodovico impegnati in molte commissioni, grazie al Comune di Perugia. E sono tanti i visitatori che da tutto il mondo, anche dall’America, si recano nel laboratorio incuriositi da questa straordinaria storia. Solo nel 2019 sono stati tremila, non pochi per un piccolo laboratorio a conduzione familiare, dove è possibile osservare i pigmenti che Moretti creò manualmente o chimicamente, le fornaci, gli strumenti, ma anche l’archivio ricco di storia e di materiale documentario, tra bozzetti, schizzi, oltre alle carte private, le fotografie dei modelli e delle opere eseguite e soprattutto i disegni e gli studi preparatori e le opere, come il “Ritratto di Margherita di Savoia” realizzato a grandezza naturale nel 1881.  

Per le prenotazioni si può chiamare il numero 3407765594 o inviare una mail a info@studiomoretticaselli.it.

Foto Credits

Sito ufficiale laboratorio Moretti-Caselli: http://www.studiomoretticaselli.it/