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Sant’Alò, un gioiello nel pieno centro storico di Terni, risale al periodo romanico (XI – XII secolo), ma la sua struttura presenta l’inserimento di numerosi elementi provenienti da opere funerarie romane, risalenti al I secolo.

Probabilmente la chiesa non si è sempre chiamata come la conosciamo noi oggi, poiché dalle Rationes Decimarum risulta che nel 1302 gli Ospedalieri possedessero una chiesa ternana intitolata a San Petri de Bitonis.
Lo storico Anthony Luttrell, studiando il documento originale rilevò che Bitonis poteva essere invece Riconis, e che quindi la chiesa si trovasse nel Rione Rigoni, dove sorge infatti Sant’Alò.

I leoni stilofori

Non sono chiare le ragioni per cui la chiesa venne dedicata a questo santo, ma con molta probabilità ciò avvenne nel 1466, quando nei documenti Gerosolimitani venne citata per l’ultima volta come San Petri de Riconis, mentre nel 1478 nel catasto urbano comparve con il nome di Sant’Alò.
La tradizione più favolistica vuole che il nome Alò derivasse dall’abbreviazione di Aloysius, ovvero Eligio, monetiere dei re di Francia e maestro nell’arte orafa, che visse nel VI secolo d.C. e che divenne patrono degli orafi.

Questo ha portato a pensare che ci fosse una possibile relazione tra la chiesa e le antiche organizzazioni degli orafi e dei fabbri.
Si presume che l’Ordine Ospedaliero di San Giovanni Battista di Gerusalemme, successivamente divenuto Ordine dei Cavalieri di Malta si interessò alla piccola chiesa poiché si trovava vicina al diverticolo della Via Flaminia, famosa via di pellegrinaggi.
La presenza dell’Ordine viene testimoniata, oltre che dai documenti, dalle pitture; negli strati pittorici più antichi presenti nel centro dell’abside si trova affrescata la famosa croce patente rossa su fondo bianco, che successivamente diede forma alla croce biforcata ottagona dell’Ordine di Malta.

La facciata, gli affreschi, i reperti

La facciata originaria è stata chiusa, con la successiva costruzione della “casa gotica”, un edificio che fungeva probabilmente da abitazione.
Già dall’ingresso è visibile il reimpiego di materiale romano, come i due leoni ai lati dell’entrata e gli altri due leoni stilofori inseriti nella muratura, ormai deformati dal tempo, ma comunque sempre pieni di fascino.
All’interno la chiesetta è divisa in tre navate, le due laterali più piccole rispetto alla centrale, scandite da pilastri alternati a colonne sormontate da archi a tutto sesto; le colonne non sono tutti uguali, caratteristica dovuta al reimpiego di materiale di spoglio.
Le pareti sono ricoperte da un ricco ciclo di affreschi, alcuni purtroppo in pessime condizioni, riconducibili a due fasi: la prima risalente al XIII secolo e la seconda tra XIV e XV secolo.
Notevole è la presenza di reperti archeologici di grande valore storico ed artistico: un’ara romana con ghirlande e bucrani con capitello marmoreo che funge da leggio, un’acquasantiera composta sempre da un’ara romana, un capitello di età carolingia decorato con pellicani e fantasie vegetali ed un frammento di cornice romana; un mix che rende Sant’Alò un un importante esempio di arte romanica umbra.

Antica controfacciata con Maestà e sante

Sant’Alò: gli esterni e la pianta

Anche all’esterno, come accennato in precedenza sono presenti circa quaranta frammenti scultorei tra cui frammenti altomedievali attribuibili a botteghe di epoca carolingia, che lasciano ipotizzare la presenza di un altro edificio adiacente Sant’Alò nel periodo altomedievale.
Anche l’orientamento spaziale non lascia indifferenti; la chiesa si presenta orientata secondo gli antichi tracciati romani, est-ovest, seguendo il Cardo Maximus, oggi via Roma – Corso Vecchio, ed il Decumanus Maximus, le odierne via Cavour – via Garibaldi.
La chiesa inoltre è collocata non a caso in prossimità delle mura e di una delle porte della città, ovvero Porta Sant’Angelo, in un’area archeologicamente molto rilevante, poiché proprio qui si trovano i monumenti dell’antica città romana: l’anfiteatro, il teatro ed i più importanti tracciati viari.

Non ci sono documenti inerenti alla data della sua effettiva costruzione, si possono però formulare ipotesi attraverso lo studio degli affreschi, e soprattutto della tipologia architettonica, molto simile ad altri edifici romanici umbri.
Per citarne due: Santa Maria in Pantano a Massa Marta e San Benedetto in Fundis a Stroncone, anch’essi veri e propri tesori della nostra regione.