È un frizzante pomeriggio di novembre in cui il freddo mite di ottobre lascia spazio alla nebbia “agli irti colli”. I colori aranciati si trasformano nei colori pastello del blu e del grigio. I manti di foglie gialli e arancioni divengono marroni via via consumandosi come in un dipinto di Giuseppe Arcimboldo o di Gustave Courbet. È la cornice che ha adornato l’esperienza di una degustazione alla cieca dei vini dell’azienda Tenuta Ponziani. Prima di immergerci nel racconto di questa avventura che profuma di vino, cerchiamo di capire il territorio che circonda l’azienda.
Siamo alle porte di Orvieto, a 550 metri sopra il livello del mare, circondati dal verde boschivo su cui si adagia l’azienda, alle pendici del Monte Peglia, riserva mondiale della Biosfera – Patrimonio dell’Unesco. Il versante su cui si affaccia è quello Sud – Ovest e siamo sull’ultima zona vitata, dove un tempo si praticava la transumanza.
Un dato interessante è che a partire dagli anni ‘70 (contrariamente alla “tendenze”) si è registrato un + 30% di attività di rimboschimento.
La zona che circonda Tenuta Ponziani conserva integra la sua naturalità e l’equilibrio che si è creato negli anni tra uomo – animali e natura.
Siamo, inoltre, vicino a San Venanzo, famosa anche per la Venanzite, di cui è ricca Tenuta Ponziani: una roccia basaltica sviluppatasi dall’attività eruttiva dei vulcani presenti nella zona di San Venanzo, la “Terra dei Vulcani” per l’appunto.

Il terreno è sabbioso, limoso e argilloso. Ricco di fossili su banchi di arenarie.
Un tempo, nel Pliocene, c’era il mare e questi fossili oggi sono ancora lì, presenti nel terreno.
“Utilizziamo il metodo guyot su un vigneto di 3 ettari a corpo unico che ha 17 anni. Si allevano Grechetto (varietà G5), Chardonnay, Cabernet Sauvignon e Merlot.
Pratichiamo il sovescio con leguminose. La lavorazione è tutta manuale, concimazioni organiche per mantenere la naturalità del luogo e assecondare l’ambiente stesso, rispettando la micro-biologia del posto” – racconta Andrea, l’Agronomo della Tenuta.
Nel 2015 è stata costruita la cantina, in cui riposano i vini, scavata nella collina e completamente avvolta dal tufo, tipica pietra Orvietana.

“Da piccola trascorrevo le estati con i miei nonni immersa nella natura…Volevo tornare a vivere queste sensazioni, queste emozioni. Desidero non mentire per questo nei vini della Tenuta trovate assolutamente ciò che la natura ci regala. Bellezza, Memoria e Amore”
– ci racconta, emozionata, Rossana Ponziani.

Dopo un piccolo Focus, possiamo ora immergerci nel racconto della degustazione alla cieca.
Dai quattro vitigni che abbiamo sopra elencato nascono quattro vini: Velia 2020, blend di Grechetto e Chardonnay con affinamento in acciaio con la sua verticalità e freschezza, Veitha 2018, Chardonnay in purezza con passaggio in tonneau per pochi giorni e dalle note più gentili di una camomilla, Fasti 2020, blend di Merlot e Cabernet, un rosso con affinamento in acciaio, dal forte accento minerale e Northia 2018, Merlot in purezza con passaggio in tonneau per 12 mesi e il suo ventaglio di note terziarie e l’interessante trama tannica.
Questi i 4 vini che sono stati presentati in degustazione, in questa sequenza, ai partecipanti bendati al fine di poter amplificare gli altri sensi. Ascoltando lo scoppiettio del fuoco, la musica leggera in sottofondo di Smooth Jazz creava un’atmosfera rilassata e informale, il suono ogni volta diverso dei calici riempiti. Il respiro degli altri commensali e poi la piacevole conversazione che si è animata dopo il primo sorso. Un vero e proprio simposio enologico.
Ogni calice che veniva servito era accompagnato da una piccola ampolla contenente il suo marcatore principale: un frutto, un fiore…il fil rouge a rappresentare la sua giovinezza, la sua freschezza, la sua maturazione o la sua età.

Degustare alla cieca significa mettersi completamente in discussione ma soprattutto lasciarsi guidare dai sensi, dalla memoria dei nostri ricordi, dalla memoria olfattiva, quella che ci ha accompagna per tutta la vita che crea in noi, nella nostra mente e nei nostri cuori dei ricordi. Far esplodere questi pezzetti di memoria, amplificarli, lasciando spazio al ragionamento, da un lato, e alle emozioni dall’altro. Dimenticarsi delle etichette, come in un romanzo di Agatha Christie, cercare di svelare il mistero attraverso l’udito, l’olfatto, il tatto e il gusto. E’ un vino rosso? E’ un vino bianco? Quali sono i profumi che percepisco? E’ un vino giovane? Ha fatto un passaggio in legno?
E ancora, a cosa potrei abbinarlo? Magari provare, azzardare a dire il vitigno o ipotizzare un blend. Il tutto con onestà intellettuale e completa tranquillità perché in fondo il vino è bellezza di quello che ci circonda, è memoria di quello che abbiamo provato, è amore nella sua condivisione. E’ un compagno di viaggio pronto a svelare i suoi segreti a chi apre il suo cuore all’ascolto.
Ecco i miei 3 suggerimenti per una degustazione alla cieca:
- Affidati a te stesso: abbandonati alle tue sensazioni. Lasciati guidare dalla tua memoria. Concentrati sul suono e sul peso del vino nel calice che puoi percepire anche solo roteandolo. Prenditi del tempo per accogliere i profumi, indagando sulla provenienza e ipotizzando la sua natura. Fai piccoli sorsi, lascialo un po’ in bocca. Sorseggia ancora e poi cerca di dare un corpo al vino che hai bevuto;
- Condividi: non temere di sbagliare, sii pronto a condividere ciò che pensi per poter creare un momento di scambio e nuove prospettive;
- Divertiti: una degustazione alla cieca è un vero proprio viaggio nel mistero che man mano si svela e si rivela. Hai affrontato il viaggio attraverso il racconto dell’azienda, hai percepito le emozioni di chi ha fatto quel vino e poi l’hai degustato, condividendo il momento con altri commensali. Hai vissuto un’esperienza emozionale attraverso un viaggio sensoriale.