Il Castello e il Santuario della Madonna di Mongiovino, all’interno del territorio comunale di Panicale, sono due gioiellini degni di essere visitati. Il primo è situato a Mongiovino vecchio, il secondo, uno dei luoghi del Cuore Fai, domina la valle con la grande cupola e il campanile, sotto il borgo di Mongiovino vecchio.

La storia del Santuario della Madonna
La leggenda narra di una pastorella di nome Andreana, che in un giorno del 1500 circa, mentre stava pascolando il gregge sentì una voce provenire da un’edicola dedicata alla Vergine Santissima Maria, madre di Dio, la quale suggeriva alla ragazzina di dire agli abitanti di Mongiovino che voleva da loro, in quel luogo una particolar, venerazione: “Va, o Andreana, e dì agli uomini di Mongiovino che mi levino queste macchie attorno e nettino il luogo e vi facciano una piazza”. La fanciulla riferì al parroco, ma non fu creduta. Un giorno, recatasi ad attingere l’acqua ascoltò ancora la Vergine che diceva di presentarsi ai suoi compaesani con la ‘mammola’, il vaso pieno d’acqua con l’apertura al di sotto. A quel punto gli abitanti di Mongiovino le credettero e vi edificarono prima una chiesa e poi il Santuario. Tutto intorno a quell’edicola, oggi incorporata nella struttura, ora sorge il Santuario di Mongiovino, al cui interno ancora si conservano, in una piccola bara, le spoglie terrene di Andreana.
Il Santuario
Secondo documenti del 1872 e un attestato di Cesare Crispolti, custoditi nella biblioteca Augusta di Perugia, fu progettato nel 1524, in seguito all’approvazione da parte di Leone X, dall’architetto Rocco di Tommaso da Vicenza, attivo a Spello. La pianta della chiesa è a croce greca, mentre l’interno presenta una forma quadrata. Sulla facciata dell’ingresso si possono ammirare due portali artisticamente lavorati, entrando decorazioni in stile corinzio. A sostenere la cupola, terminata nel 1528, sono quattro pilastri e le volte. L’interno del Santuario, finito di essere costruito nel 1728, è affrescato in ogni suo angolo e per questo rappresenta un’unica opera d’arte. Impreziosito da quattro cappelle: della Resurrezione, dell’Ascensione, della Vergine e della Madonna del Rosario. Gli affreschi sono attribuiti, tra gli altri, al Pomarancio per la Resurrezione, ad Orazio Alfani per la consegna del Rosario, a Pierluigi da Perugia ed ai pittori fiamminghi Heindrick van den Boroeck (noto come Arrigo il Fiammingo) e Jan Wrage, mentre Giovan Battista Lombardelli affrescò i due lati del coro raffigurando il “prodigio” della moltiplicazione del pane per gli operai della fabbrica del luogo sacro, che avvenne nel 1513 del 23 aprile. Il campanile, invece, fu eretto nel 1775 su disegni di Francesco Tiroli, attuati da Giovan Battista da Lugano. L’impianto dell’edificio religioso presenta peculiarità architettoniche bramantesche, ma non vi sono prove certe per poter attribuire l’opera all’artista urbinate. Anche se qualcuno sostiene che fu progettato nel 1513 proprio dal Bramante. E, tra gli scalpellini più significativi che lavorarono nel cantiere, ci furono Bernardino da Siena e Lorenzo da Carrara che decorarono con bassorilievi e tutto tondo gli stipiti degli archi dei portali abbellendoli con decori di eccezionale bellezza.
Il Santuario poco conosciuto ma di grande valore è stato menzionato dal critico d’arte Vittorio Sgarbi nel suo volume “Nel nome del figlio”, dove ne sottolinea la sua bellezza quanto il suo essere sconosciuto. A pochi chilometri dal Lago Trasimeno, è costato 200 anni di lavorazione e il progetto di restauro ha riportato alla luce affreschi e dipinti nel loro colore e splendore originali. Chi si appresta a visitarlo (sono possibili visite guidate), si ritrova in un percorso sacro che va dalla Crocifissione alla Deposizione fino alla Resurrezione e all’Assunzione, passando per la storia di grazia e umanità di Maria.
Il Castello di vetta, invece, in una splendida posizione panoramica, fu costruito dal Comune di Perugia nel 1312, su richiesta degli abitanti di San Martino dei Cerreti, villa, non più esistente, nei pressi del Santuario della Madonna di Mongiovino. Si narra che l’anno seguente, di ritorno da una ambasciata a Siena, il podestà di Perugia passò per Mongiovino e costatò: “che il luogo era di molta importanza, et che qualunque volta vi fosse in piede il castello, la città n’haverebbe grandissima commodità” (Pellini 1664), trovandosi ad essere un passaggio obbligato per tutti coloro che avessero varcato i confini del “contado”, venendo dalle terre di Chiusi o del lago. Per popolare il castello, i magistrati perugini comandarono a tutti gli abitanti della sottostante valle del Nestore, che dovessero costruire case, vi andassero ad abitare, promettendo in cambio esenzioni fiscali per un biennio e minacciando sanzioni ai trasgressori.
L’episodio più eclatante della storia di Mongiovino fu un “fatto d’arme” accaduto nel 1643, quando le truppe papaline capitanate da Vincenzo della Marra si scontrarono contro l’esercito fiorentino di Ferdinando II de’ Medici, comandate dal fratello Mattias, e subirono ingenti perdite. Il castello ha conservato parte della cinta muraria e un’altra torre merlata. Ben conservata è la chiesa di Santa Maria Assunta, al cui interno sono stati riportati alla luce vari affreschi votivi risalenti ai secoli XIV e XV. La residenza del castellano è stata trasformata in struttura ricettiva.