Skip to main content

Il Teatro Verdi situato in Corso Vecchio, è impostato su fondazioni ben più antiche risalenti al XIII secolo, momento in cui aveva luogo il Palazzo dei Priori. 
La struttura fu costruita proprio in questo tratto poiché qui passava l’asse stradale principale, la Flaminia.

Intorno al 1672 fu sede dell’Accademia degli Ardenti, successivamente Accademia dei Costanti e durante questo periodo viene documentato che il teatro appariva isolato da altri edifici. 
Agli inizi dell’Ottocento si sentì l’esigenza di avere un teatro che potesse ospitare opere liriche e balletti, considerando il diffondersi delle nuove opere. 
Si pensò quindi di inserire il teatro della città all’interno del tessuto urbano e soprattutto lungo la viabilità principale, sfruttando la struttura precedente del Palazzo dei Priori. 
La prima pietra venne posta intorno al 1840, su progetto dell’architetto pontificio Luigi Poletti, rappresentante di spicco della corrente neoclassica, autore anche dei teatri di Rimini e Fermo. 
I lavori giunsero a termine nel 1848 anche se l’inaugurazione avvenne l’anno successivo, portando in scena il melodramma “Saffo”, musicato da Giovanni Pacini. 
Dell’attività teatrale a Terni se ne parla già dal 1667 con rappresentazioni che avevano sede nel Teatro Goldoni, sorto nel 1661 presso l’attuale Piazza San Francesco. 

Tornando al Teatro Verdi, Poletti era riuscito a trovare il perfetto equilibrio tra le proporzioni, ispirandosi all’arte classica, in cui l’elevazione della sala era dominata dalle gallerie, sviluppate in un unico ordine scandito da eleganti colonne scanalate e tagliato nella metà da ampie transenne. 
I palchi della platea si presentavano come sobri vani quadrati, in cui la raffinatezza delle decorazioni in stucco e pittura completavano l’architettura. 
Nei primi anni del Novecento fu migliorato l’impianto di illuminazione, e l’intitolazione da Teatro Comunale passò a Teatro Verdi. 
Purtroppo, l’intera struttura fu gravemente danneggiata a causa dei bombardamenti del 1943 – 44, in cui rimasero superstiti solo i muri perimetrali ed il pronao neoclassico. 
Nel dopoguerra fu ricostruito dall’architetto Leoni, ma senza tener conto del progetto originario del Poletti. 
Platea e galleria furono ricostruiti in cemento armato, che servì a poco poiché nel 2009 venne dichiarato inagibile, a causa di tante carenze strutturali. 
Nel 2010 crollò una parte del pronao e da lì iniziò tutta la diatriba per il recupero di questa splendida struttura, purtroppo finita di danneggiare in epoca moderna con l’utilizzo spropositato del cemento! 
Nel 2014 ci fu un sopralluogo da parte del Comune, per cercare di provvedere alla sua ristrutturazione ed al consolidamento, anche se venne totalmente escluso l’originario progetto di Poletti. 

Il povero teatro, nonostante i restauri che hanno interessato la facciata, è ancora in attesa di un’apertura al pubblico che lo faccia tornare ai vecchi fasti. 
Merita di essere menzionato anche il vicolo adiacente al teatro, Vico del Teatro per l’appunto. 
Fino al XIX secolo il suo nome era Via del Forno, perché qui si trovava il forno pubblico o del pan venale. 
Perché questo strano nome? 
Il toponimo deriva dall’imposizione fiscale che in età moderna gravava sul pane veduto al minuto. 
Ovvero veniva calcolato considerando il prezzo base del grano, la tassa del macinato versata al momento della molitura, il costo della lavorazione, il guadagno del fornaio, la qualità ovviamente e persino la forma! 
La gabella imposta sul “pan venale” veniva riscossa dall’appaltatore della tesoreria provinciale, mentre la gestione dei rifornimenti alimentari delle Comunità dello Stato Ecclesiastico avveniva tramite l’Abbondanza, un organo che forniva i prodotti necessari come grano, olio. 

teatro verdi - foto antica