L’ex Chiesa di San Bevignate sorge nei pressi del cimitero monumentale di Monteluce e rappresenta un’importante testimonianza della presenza templare a Perugia, una rarità in tutta Europa, attestata nelle fonti a partire dalla metà del duecento.
Si presenta sobria e possente nell’aspetto esteriore, ma allegerita all’interno dal gioco di slanciati costoloni e decorata sulla controfacciata con un ciclo pittorico concepito allo scopo di ricordare agli abitanti delle prospere campagne perugine la missione svolta in Terrasanta dalla Militia Templi, l’ordine religioso-cavalleresco creato a Gerusalemme intorno al 1119 per iniziativa del cavaliere francese Hugues de Payns. Affreschi di varie epoche medievali si estendono anche sul catino absidale e lungo le pareti laterali. La Chiesa, disposta su due livelli, conserva nei sotterranei alcune strutture archeologiche di età romana, riaffiorate dopo importanti lavori di restauro e consolidamento per la sua messa in sicurezza avviati in seguito al terremoto del 1997. Ufficialmente riaperto al pubblico nel 2009, il complesso monumentale di san Bevignate è stato ufficialmente “riconsegnato” dall’amministrazione comunale ai perugini, ma anche a turisti, visitatori e studiosi di storia e iconografia dell’Ordine del Tempio.

I TEMPLARI A PERUGIA
La prima fase di radicamento dei Templari in area perugina, come raccontato nel volume “I templari a Perugia” di Sonia Merli, risale nell’aprile del 1238. L’insediamento era quello di san Giustino de Arno e il Papa Gregorio IX scelse la militia Templi Hierosolymitiani. In un atto del 1243 si apprende che la militia Templi possedeva a Perugia, nel sobborgo di Porta Sole, la piccola chiesa di san Girolamo. E proprio nelle vicinanze della “chiesuola” nel 1256 i Cavalieri del Tempio promossero l’edificazione ex novo di una grande chiesa intitolata all’eremita locale Bevignate. Questo spiega il nesso tra le dimensioni monumentali della chiesa della domus Templi di Perugia e l’intenzione di farne “il santuario memoriale dell’eremita Bevignate” da parte di un Ordine militare: “sprovvisto di santi propri – spiega Michela Morelli, referente in loco per il concessionario dei servizi museali comunali Munus Arts & culture -, che si fece sostenitore di questa devozione locale sostenendo la sua canonizzazione. E, inoltre, la chiesa perugina fu anche il luogo di riferimento del movimento dei Disciplinati o Flagellanti. Fu l’eremita Raniero Fasani a dare avvio nel 1260 alle processioni penitenziali che avevano lo scopo di promuovere, insieme alla pubblica penitenza dei singoli, azioni di pacificazione all’interno delle istituzioni comunali in quella turbolenta fase in cui si stavano affermando i regimi di popolo”.


L’ARTE
L’abisde, edificata in corrispondenza dello spazio ipogeo destinato ad accogliere le spoglie dell’eremita Bevignate, risulta leggermente rialzata rispetto al livello della navata e conserva ancora il pavimento originale, composto da filari alternati di pietra bianca e rosa del Monte Subasio. La facciata, delimitata da severi contrafforti piuttosto sporgenti, presenta come unico elemento decorativo un portale strombato con arco a tutto sesto in pietra bianca. Tra le supersititi chiese e cappelle appartenute alla militia Templi fino al 1312, anno della soppressione dell’Ordine, san Bevignate spicca per la ricchezza e la complessità della decorazione pittorica, eseguita orientativamente in due fasi tra il 1260 e il 1283. Soprattutto gli affreschi della zona absidale, realizzati per la maggior parte tra il 1260 e il 1270, si caratterizzano per una pittura rapida, corsiva. E più pittori appartenenti alla stessa bottega furono contemporaneamente impegnati in differenti zone dell’ampio vano, approfittando con ogni probabilità dei palchi del cantiere ancora in opera. I brani della decorazione della parete sinistra del coro, dove si distinguono soltanto parte della Ultima Cena, la Maddalena penitente vestita dei propri capelli e i protomartiri Stefano e Lorenzo, infatti, risultano di minore qualità rispetto, invece, al Giudizio Universale, realizzato con scioltezza e vivacità interpretativa su gran parte della parete opposta. Al centro troneggia la figura di Cristo circondato su due livelli dai simboli della Passione, dagli Apostoli e dagli Angeli tubicini. “I due registri sottostanti raffigurano invece le anime dei risorti, distinti in beati a destra e a sinistra i dannati – sottolinea Morelli -, come lasciano intendere i piedi neri di un diavolo, ancora ben leggibili nella parte lacunosa della scena, e il momento della risurrezione dei corpi, colti nell’attimo in cui escono dalle tombe: nudi i dannati, un po’ deformi, quasi a rappresentare la difficoltà a sopportare la visione di Cristo, mentre i beati sono vestiti”.
La decorazione della parete centrale è stata interpretata da Gaetano Curzi come una sequenza di allegorie cristologiche: dalla croce strumento della Passione, evocata dalla Crocefissione nel registro inferiore, si passa cioè al Cristo-luce associato alla grande bifora, per culminare infine nel Cristo vera stella all’interno della lunetta soprastante. Qui una croce greca, affiancata da due crocicosmologiche, è circondata da nove stelle più piccole, associate dagli studiosi al gruppo dei nove fondatori dell’Ordine guidati da de Payns. L’impianto decorativo appare organizzato intorno alla bifora centrale, in origine completata ai lati dai quattro animali del Tetramorfo corrispondenti agli Evangelisti: un espediente di antica tradizione da cui risulta evidente l’implicazione simbolica della luce che penetra da Oriente. La devozione nei confronti della Vergine da parte dei Templari, eletta fin dall’inizio a loro protettrice, si ritrova in alto a sinistra nella Madonna in trono con il bambino, postra fra gli arcangeli Gabriele e Michele che agitano turiboli pieni di incenso. Sulla parte inferiore destra e sinistra, dove l’apertura di una porta ha portato alla perdita di buona parte dell’affresco, si segnalano due scene raffiguranti l’eremita Bevignate e riconducibili al suo stile di vita. Ad angolo con l’episodio che raffigura Bevignate aurelato nell’atto di ricevere una qualche approvazione o concessione dal vescovo si trova la Processione dei Flaggellanti, che completa il registro inferiore della parete absidale destra dominata dal Giudizio Universale. Testimonianza iconografica che allude al moto penitenziale promosso da Raniero Fasani durante la Settimana Santa del 1260, questa porzione dell’affresco riproduce una processione, lacunosa nella parte centrale, nella quale compaiono alcuni uomini nudi dalla cintola in su che incedono mentre si infliggono la disciplina e si battono il petto con la mano. Nel volto del capofila, che si caratterizza con la barbetta corta, si è voluto riconoscere Raniero Fasani, anch’egli installatosi in quella sorta di Tebaide extraurbana abitata da eremiti e reclusi e venutasi a creare al tempo nel suburbio di Porta Sole. E si deve allo storico dell’arte Pietro Scarpellini l’ipotesi secondo cui degli apparati mobili del coro della chiesa di san Bevignate avrebbe fatto parte anche il cosiddetto Trittico Marzolini, oggi conservato nella Galleria nazionale dell’Umbria. A una committenza templare pare alludere la Presentazione al Tempio di Gesù, dove spicca la rossa croce patente raffigurata sulla tovaglia che copre l’altare posto al centro della scena.

Completa il quadro decorativo eterogeneo e complesso la presenza sulla parete di controfacciata di soggetti figurativi, funzionali alle esigenze autocelebrative dell’Ordine. Temi principali le crociate contro gli infedeli e l’esaltazione della missione dei Templari in Outremer. Possiamo ammirare gruppi di cavalieri cristiani in una battaglia contro i musulmumani. Per alcuni studiosi si tratterebbe della vittoriosa battaglia di Nablus del 1242. “Con questo dipinto – spiega ancora Michela Morelli – si voleva soprattutto ricordare il coraggio mostrato in campo dai milites Templi, il cui vessillo bipartito, il famoso Bauceant, campeggia al centro della scena, protetto da uno scudiero barbuto. Degno di nota è anche il soggetto di secondo livello. Si tratta di una scena di vita quotidiana con i Templari vestiti in bianco, nella loro veste monacale, perché ricordiamolo erano sì guerrieri ma anche monaci, e uno di loro si affaccia da un edificio fortificato della Terrasanta che allunga una mano per togliere dalla zampa di un leone una spina. Un evidente richiamo alla figura di san Girolamo, la cui chiesa era proprio nelle vicinanze di quella di san Bevignate”. Conclude la narrazione delle gesta dei Templari l’affresco, purtroppo lacunoso, del terzo e ultimo registro, in cui campeggia un veliero che solca il mare tempestoso popolato da enormi pesci. La scena evoca i pericoli e le insidie che i Templari erano chiamati quotidianamente ad affrontare in Outremer, impegnati nella difesa di ciò che restava dei quattro stati crociati quanto nel trasporto dei pellegrini.
Seconda campagna decorazioni “Mentre questi dipinti appartengono alla prima campagna di decorazioni – continua ancora Morelli -, qualche anno successivo ci fu la seconda, di più alto livello qualitativo, che interessò tutta la chiesa ed è la rappresentazione dei dodici apostoli, dipinti sopra i disegni precedenti, uno sull’altro, con la tecnica Palinsesto”. La figura di san Paolo e quella di san Pietro, quest’ultima andata quasi completamente perduta, sono sovrapposte sulla parete centrale del coro al preesistente Tetramorfo, una scelta compiuta in modo consapevole appunto pur di non oscurare le due scene preesistenti dedicate al santo eponimo Bevignate. “Gli apostoli sorreggono grandi croci gemmate inscritte in tondi – descrive Michela Morelli -, simboleggiano le dodici colonne della Chiesa, e secondo un’iconografia attestata per lo più in Francia, oltre al celebre precedente della chiesa Sainte-Chapelle di Parigi dove è conservata la Corona di spine, rimangono splendidi esempi negli insediamenti degli ordini militari, come nella cappella ospedaliera di Croix-au-Bost dedicata a san Giovanni. Da ricordare, infine, che i templari erano coloro che avevano accesso alle reliquie, erano in grado di riconoscere quelle vere da quelle false, da qui è nata poi la leggenda che possedessero il Santo Graal”.

La scoperta di una fullonica di epoca romana “Ma la particolarità di questa chiesa è proprio la coesistenza di più epoche – evidenzia Morelli -: chiesa templare da una parte e dall’altra gli scavi archeologici, a cura della Soprintendenza archeologica, che hanno restituito, da sotto la pavimentazione della chiesa, un sistema di cinque vasche diverse per tipologie e superfici. Due sono collegate tra loro e presentano una pavimentazione a mattoncini disposti a spina di pesce. In una di queste è stata recuperata anche una moneta di bronzo, databile tra il III e il II secolo a.C. Sono stati inoltre rinvenuti dei canalicoli simili ai moderni impianti fognari. Secondo gli esperti, che lo hanno definito un reperto molto raro, si tratterebbe di un impianto artigianale per il trattamento dei tessuti, una fullonica. L’area di Bevignate infatti era piena di pozzi d’acqua e in epoca romana si lavavano e tingevano i tessuti in questo laboratorio, dove la lana veniva resa spessa per l’utilizzo sia di mantelli invernali che per le armature. Il sistema dei vari canali di scolo è ancora visibile, come è possibile notare sullo sfondo il colore rosso utilizzato per la tintura”. La scoperta della “lavanderia-tintoria” di epoca romana ha causato una modifica del progetto iniziale e sotto il pavimento in cotto è stato ricavato uno stretto camminatoio aperto per i visitatori. Una scoperta rara, in quanto in Italia sono poche le fulloniche ritrovate. Inoltre, la particolarità della fullonica era la sua ubicazione: lontana dal centro urbano, come le concerie in epoca medievale, per il cattivo odore che emanavano. “Sotto la chiesa fu trovata la cella con le spoglie di san Bevignate – ricorda ancora Michela Morelli -, che furono poi traslate nel duomo di san Lorenzo, in piazza IV Novembre”.
LA CURIOSITA’
La chiesa di San Bevignate ha avuto diverse vite: fu un monastero, un canile, una rimessa dei vigili del fuoco e un deposito di manoscritti antichi della biblioteca Augusta.
