La storia di questa imponente struttura , il Grocco, ha le sue radici nel periodo fascista, più precisamente quando la tubercolosi, malattia estremamente diffuso all’epoca, intimoriva a tal punto il regime da far nascere appositi stabilimenti chiamati “sanatori”, atti ad accogliere e possibilmente far guarire i degenti.
Negli anni Venti, l’unica cura alla TBC era il “custodimento” e lo “svago”, ovvero delle lunghissime degenze, anche di 2-3 anni, scandite da 5 pasti quotidiani e svariate ore dedicate alla “cura dell’aria”, in una costante esposizione alla luce del Sole, il bacillo è infatti molto sensibile alle radiazioni della luce e in un’epoca in cui non era stata scoperta la penicillina ci si appellava alle capacità curative delle belle giornate. Fulcro della cura era la veranda, luogo dove si poteva usufruire dei raggi solari anche durante la stagione fredda.
Visto il lungo periodo di esclusione sociale che la cura comportava, i sanatori si attrezzavano anche di corsi teorici e pratici per poter riqualificare professionalmente i pazienti, così da poter essere reinseriti nuovamente nel contesto sociale e nel lavoro.
Per quello che riguarda la città di Perugia, le prime notizie sulla tubercolosi e su chi ne soffriva risalgono al XVIII secolo. Chi soffriva della malattia in questione veniva ricoverato e (per quanto possibile) curato in luoghi preposti, assieme ai pazzi, ai demente e agli epilettici. Ci volle tempo prima di arrivare alla costruzione del manicomio, così da poter dividere le categorie patologiche, dando ad ognuna di esse una specifica locazione preposta per una cura più mirata. Ancora più tempo ci volle per la costruzione di un ospedale sanatoriale ad opera dell’INFPS (Istituto Nazionale Fascista della Previdenza Sociale) su un terreno sito in zona Pallotta, donato dalla Fondazione Agraria. Gli anni della costruzione vanno dal ’32 al ’35 e nel mentre un’ulteriore donazione da parte del Comune (480 mq dell’attuale Via Romana) andava a completare lo spazio per la costruzione della struttura.
Prendeva così forma l’ospedale, sorto sul lato sud-ovest del colle perugino, con una capacità ricettiva di 333 posti letto; le grandi camere dei degenti misuravano sei metri e mezzo per sei, con un’ampia porta-finestra scorrevole che dava su una veranda larga quasi due metri e mezzo. Ovviamente l’edificio era all’avanguardia e presentava l’innovativo sistema delle “cemere-veranda”, le quali altro non sono che una serie di infissi scorrevoli che trasformavano i vani chiusi in verande riscaldate utilizzabili nei mesi più rigidi.
I pazienti erano naturalmente separati in base alla distinzione sessuale maschi-femmine; lo scrupolo igienico era altissimo: inceneritori, servizi igienici e lavanderia erano lontani dalle camere dei ricoverati, le divise del personale venivano cambiate e igienizzate più volte al giorno, tassativi guanti e mascherine.
I malati in gradi di muoversi erano obbligati ad una quotidiana passeggiata all’interno del parco, a sua volta dotato di piante appositamente scelte per le loro proprietà balsamiche (ad esempio pino domestico, cipresso comune, abete rosso, per dirne alcune). In più il contatto con il verde contribuiva a rendere meno pesante il soggiorno forzato in struttura.

Inizialmente il sanatoria era chiamato “Pallotta” per il luogo dove sorgeva, il nome venne cambiato nel 1940, quando lo si dedicò alla memoria del noto medico e politico Pietro Grocco, il quale si autodiagnostico la malattia contratta nello svolgimento del suo lavoro che lo portò alla morte nel 1916.
Con lo scorrere degli anni la struttura proseguì con il rinnovarsi e nel continuare ad alzare i suoi standard, sia nelle cure del paziente che nella cura dell’igiene dello stabile, particolare interessante è l’acquisto di tre aspirapolvere nel 1966 che venivano ripetutamente passata per tutto l’edificio così da mantenere sempre un ambiente il più possibile sterile.

Data importante è il 1968, quando il Grocco diviene casa di cura-sanatorio, eretto ad ente autonomo per distacco dall’INPS. Iniziano ora i lavori di adeguamento dei locali alle nuova esigenze di ospedale specializzato, assumendo quella che è la forma odierna. Nel giro di pochi anni veniva istituito il servizio di fisiopatologia respiratoria, si dotava la struttura di un’ambulanza e si impiantavano due ascensori porta lettiga. Altro aspetto della condizione dei degenti che veniva preso molto sul serio era quello psicologico, non mancavano spazi dedicati alla socializzazione: venivano noleggiate pellicole per i cineforum oltre che acquistati piccoli doni per i malati, da regalare durante le festività.
Altro importante cambio nella storia del Grocco avviene nel 1974, quando questo confluisce nell’ente regionale di Santa Maria della Misericordia. Esattamente il 2 dicembre di quell’anno il Grocco diventa il reparto tisio-pnemautologico.
Nell’86, con l’attivazione del nuovo polo ospedaliero in località Sant’Andrea delle Fratte, avviene il trasferimento di tutta l’attività assistenziale e di tutto il personale di Via Pallotta.
Ma la struttura non muore, anzi, nel 1996 si attiva presso l’edificio la “Casa dell’Amicizia Seppilli”, destinando il complesso sia ad attività sanitarie che socio-assistenziali.
Il viaggio nella storia del Grocco si conclude (ma solo per ora) con quello che è l’utilizzo dell’odierna struttura, sede di una moltitudine di servizi territoriali, assistenziali, ambulatoriali e riabilitativi. Insomma, oggi come quasi novanta anni, fa continua la sua opera sanitaria e sociale nel distretto del Perugino.
