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Tutta l’area su cui venne edificato l’ospedale di Monteluce, a partire dalla fine del 1800, fu interessata dal rinvenimento di tombe etrusche di straordinaria importanza, i cui corredi sono oggi conservati ed esposti presso il Museo Archeologico Nazionale dell’Umbria.

 

In questo dente della dorsale collinare, in antico denominata Predio Ara, insiste una delle necropoli urbane di Perugia etrusca. L’archeologo cui dobbiamo la scoperta della maggior parte delle tombe note è Luigi Carattoli, figura di spicco della Perugia del tempo, oggi illustre sconosciuto. Chi era questo studioso attento e capace, in grado di redigere le puntuali e dettagliate relazioni di scavo che hanno poi consentito di ricomporre i corredi di ciascun seppellimento? Un cultore d’arte, discepolo di S. Valeri in seno all’Accademia perugina, amico intimo di Mariano Guardabassi, con cui condivideva la comune passione sull’antica arte umbra.

Fu ispettore dei monumenti, direttore dell’Accademia di Belle Arti, redasse perizie di grandi collezioni private (la collezione Oddi di Perugia e la Ranghiasci a Gubbio) e, non da ultimo, stilò il primo inventario delle civiche raccolte d’arte nel 1878. Grazie al suo impegno, in seguito al rinvenimento fortuito di una tomba a camera, si avviò un’indagine intensiva dello sperone pianeggiante posto a sinistra dell’attuale imbocco di via del Favarone. I risultati superarono le attese: ben dodici le tombe portate alla luce, alcune d’eccezionale interesse.

Pochi decenni dopo, gli scavi intrapresi per la costruzione delle fondamenta del nuovo ospedale (1910-1911) svelarono l’esistenza di un’ampia necropoli. Due le tombe a camera dissotterrate a tergo del Monastero, da cui furono recuperati altrettanti vasi dipinti di fabbrica etrusca (kelebai). In uno di questi, vicinissimo per esecuzione agli esemplari usciti dalla bottega del grande Pittore di Hesione (uno dei più noti ceramografi d’Etruria), erano raffigurati una menade danzante e un sileno con coda equina. Nel 1913 si rinvenne un’urna di travertino iscritta, con la raffigurazione del sacrificio di Ifigenia.

Nell’estate del 1921 si scoprì una tomba a camera di epoca romana contenente otto urne in travertino, oggi conservate al Museo Archeologico Nazionale dell’Umbria, tutte riferibili ad individui appartenenti alla famiglia dei Sortes. Gli ultimi rinvenimenti risalgono al 1937, quando si stavano edificando i nuovi padiglioni del Policlinico, e si tratta di un’urna in travertino e un’anfora a figure nere di pregevole fattura, riferibile al Gruppo di Leagros. Probabilmente la necropoli non è stata completamente riportata alla luce e non si può escludere la futura individuazione di altre emergenze. Alcuni dei vasi passati in rassegna testimoniano che la zona, situata lungo una delle principali vie d’accesso all’acropoli etrusca, era già strutturata come necropoli in età arcaica, in concomitanza con la formazione del centro urbano di Perugia. Il Predio Ara ha restituito ben quattro magnifiche tombe di guerriero, databili tra il pieno quarto secolo avanti Cristo e il primo venticinquennio del secolo successivo. Il defunto, connotato come simposiarca e guerriero (con elmo, schinieri, armi) è inumato in cassa lignea decorata con borchie bronzee, oppure cremato e deposto all’interno di un’urna in arenaria o di un vaso dipinto.

Queste tombe sono rimarchevoli perché, oltre a poter vantare i sontuosi corredi esposti nelle teche del nostro museo archeologico, ci permettono di comprendere le ideologie connesse alle forme di auto-rappresentazione dei gruppi dominanti.

Si fa in fretta a dimenticare, perciò la memoria va sempre alimentata, in questo caso non solo in riferimento alla storia etrusca della Vetusta, ma anche, e soprattutto, per rendere giustizia a Luigi Carattoli, la cui azione appassionata e competente ha contribuito in modo determinante ad approfondire la conoscenza del nostro passato.

E se nella ricostruzione della Nuova Monteluce la memoria avesse guidato e accompagnato il progetto edilizio, non sarebbe stato certo disdicevole.