Dobbiamo il rinvenimento a un boscaiolo, che nel 1919 stava tagliando un bosco di faggi posto in una collina a 18 Km da Perugia, nei pressi di Monte Tezio, a poca distanza dalla località San Giovanni del Pantano. Immaginate il suo stupore quando, tra un abbattimento e l’altro, incappò in questa tomba.
La struttura, che rientra nella tipologia delle tombe monumentali dotate di copertura a volta edificata con conci radiali, ben attestate in età ellenistica anche in Grecia, Macedonia e Magna Grecia, è piuttosto rara in Etruria: si possono istituire confronti solo con alcune tombe rinvenute nell’area di Perugia (Ipogeo di San Manno, Tomba in loc. Colle di Bettona, vicina Tomba di Sagraia presso Preggio, con cornice a cavetto e fascia liscia), Cerveteri (Tomba dei Demoni, in loc. Ripe S. Angelo), Cortona (Tomba cd. Tanella di Pitagora, molto simile alla nostra, con monoliti della volta disposti longitudinalmente), Chiusi e Orvieto (Tomba Surripa). Il modello di riferimento per questo tipo di tombe a camera con volta a botte è da rintracciarsi nelle strutture tombali macedoni di pieno IV-III sec. a.C., introdotte in Etruria o attraverso la mediazione magnogreca o via Roma durante la fase della romanizzazione (in segno di adesione alla ormai predominante cultura ellenistico-romana).

Nel caso della Tomba del Faggeto la piccola camera sepolcrale (circa 1,25X1,12m), a pianta rettangolare, è preceduta da un breve dromos a cielo aperto che conduce alla porta d’ingresso, tuttora conservata. Il grande lastrone in travertino che sigillava il sepolcro è dotato di due bilici troncoconici che ne permettono la rotazione, anche questi elementi piuttosto insoliti nelle tombe etrusche. L’architrave su cui è ricavato il battente della porta, esternamente, è conformato a timpano, mentre all’interno assume la forma di un arco a tutto sesto. Sulla parete di fondo della camera si può osservare l’ampia banchina su cui si rinvennero, al momento della scoperta, un’urna cineraria in travertino contenente ceneri e ossa parzialmente combuste e alcuni oggetti di corredo, tra cui un’olla (che si conserva presso il proprietario del terreno). Le pareti interne sono realizzate in blocchi perfettamente combacianti, disposti a secco su tre filari; per la copertura sono stati impiegati altri cinque monoliti radiali, disposti longitudinalmente in modo tale da ottenere una volta a sezione semicircolare. Le caratteristiche architettoniche consentono di inquadrare la tomba nel corso del II sec. a.C. Sulla struttura si sono effettuati interventi di consolidamento che ne hanno parzialmente modificato l’impianto originario, soprattutto in corrispondenza del dromos, oggi più ampio di quanto apparisse al momento della scoperta.

Chi era il proprietario di questo singolare sepolcro? Un tale Arnth Cairnina, come suggerito dall’iscrizione incisa in caratteri etruschi rubricati (ovvero dipinti in rosso, caratteristica comune a molte altre urne perugine coeve), che corre con ductus sinistrorso sulla cassa dell’urna in travertino, con coperchio a doppio spiovente.
Alcuni studiosi hanno ipotizzato che il gentilizio Cairnina, non altrimenti attestato (mentre a Perugia sono noti Carna – Carnal, e nel chiusino anche Caina), sia in qualche modo da ricollegare al nome del torrente Caina, le cui sorgenti si trovano a poca distanza dalla tomba. Molto probabilmente si tratta di un esponente di una famiglia in rapida ascesa sociale nel corso del II sec. a.C. o di un homo novus, dunque un individuo che, nonostante il benessere raggiunto in vita, manifesto nella monumentalità e nell’originale conformazione del sepolcro (rispondente a un preciso e ardito progetto che faceva delle innovazioni tecnico-costruttive un mezzo di propaganda), non doveva vantare nobili origini, ma era ben integrato nella struttura politico-istituzionale romana. Purtroppo non siamo in grado di stabilire con certezza a quale redditizia attività sia legata la sua agiatezza. Non vi è dubbio che questo raro tipo di tomba con volta a botte ispirato a modelli ellenistici, implicando progetti complicati e abbastanza dispendiosi per la sua edificazione, sia da attribuire a committenti facenti parte di un gruppo potente e ristretto. Abbiamo notizia di altri seppellimenti nell’area. Oltre alla già citata tomba di Sagraia presso Preggio si deve menzionare il rinvenimento, sempre in loc. Pantano, di una ricca tomba con panoplia in bronzo (elmo, scudo, schinieri), oggi conservata presso il Museo Archeologico Nazionale dell’Umbria. Il sontuoso corredo funerario, databile alla fine del IV sec. a.C., richiama per tipologia e composizione alcune tombe con armi delle necropoli urbane di Perugia.
