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Francesco, al suo arrivo in questo luogo, oggi uno dei quattro santuari francescani della valle reatina, trovò una piccola cappella dedicata a Santa Maria e una fonte, da lui stesso ribattezzata “fons columbarum”.

Qui si dedicò alla stesura definitiva della Regola, approvata da papa Onorio III il 29 Novembre del 1223, imperniata sulla necessità di recuperare il significato evangelico della povertà e di istituire una nuova forma di predicazione itinerante. Un anno prima della sua morte, sopraggiunta nel 1226, Francesco fu qui operato agli occhi nel tentativo di porre rimedio al tracoma che lo aveva reso quasi cieco. Pare che durante l’intervento di cauterizzazione i frati fuggirono dalla stanza, mentre Francesco non lamentò alcun dolore. Tommaso da Celano, biografo di san Francesco, ci riferisce quanto segue: “Al tempo della sua malattia d’occhi, trovandosi costretto a permettere che lo si curasse, viene chiamato un chirurgo, che giunge portando con sé il ferro per cauterizzare. Ordina che sia messo nel fuoco, sino a che sia tutto arroventato. Il Padre, per confortare il corpo già scosso dal terrore, così parla al fuoco: «Frate mio fuoco, di bellezza invidiabile fra tutte le creature, l’Altissimo ti ha creato vigoroso, bello e utile. Sii propizio a me in quest’ora, sii cortese! perché da gran tempo ti ho amato nel Signore. Prego il Signore grande che ti ha creato di temperare ora il tuo calore in modo che io possa sopportare, se mi bruci con dolcezza».

Terminata la preghiera, traccia un segno di croce sul fuoco e poi aspetta intrepido. Il medico prende in mano il ferro incandescente e torrido, mentre i frati fuggono vinti dalla compassione. Il Santo invece si offre pronto e sorridente al ferro. Il cautere affonda crepitando nella carne viva, e la bruciatura si estende a poco a poco dall’orecchio al sopracciglio. Quanto dolore gli abbia procurato il fuoco, ce lo testimoniano le parole del Santo, che lo sapeva meglio di tutti. Infatti, quando ritornarono i frati che erano fuggiti, il Padre disse sorridendo: «Pusillanimi e di poco coraggio, perché siete fuggiti? In verità vi dico, non ho provato né l’ardore del fuoco né alcun dolore della carne». E rivolto al medico: «Se la carne non è bene cauterizzata, brucia di nuovo», gli disse. Il medico, che conosceva ben diverse reazioni in casi simili, magnificò il fatto come un miracolo di Dio: «Vi dico, frati, che oggi ho visto cose mirabili».

Il santuario di Fonte Colombo è un vero e proprio scrigno di bellezze. La splendida chiesa del convento, risalente alla seconda metà del XIV, è a navata unica con copertura a capriate ed è consacrata a San Francesco e San Bernardino da Siena. Tra le opere più significative l’affresco della lunetta del portale (XV sec.), in cui campeggia la Madonna col Bambino affiancata da san Francesco e san Ludovico di Tolosa. All’interno è esposto un altorilievo ligneo realizzato da Fra Giovanni da Pisa nel 1645. L’opera, realizzata intagliando il legno del leccio presso il quale Cristo apparve al Santo, immortala il Signore nell’atto di dettare la Regola, mentre Frate Leone scrive e Francesco è inginocchiato in adorazione. Sul coro ligneo corre la scritta si cor non orat in vanum lingua laborat, che rimanda alla necessità di una fede autentica, profonda, vera. A questo proposito non si può non parlare di un episodio narrato da Tommaso da Celano nella Vita seconda, che ebbe luogo proprio in questa cornice.

Il biografo scrive: “[…] Venne dal Santo la madre di due frati, a chiedere fiduciosamente l’elemosina. Provandone vivo dolore, il Padre si rivolse al suo vicario, frate Pietro di Cattanio: <<Possiamo dare qualcosa in elemosina a nostra madre?>>. Perché chiamava madre sua e di tutti i frati la madre di qualsiasi religioso. Gli rispose frate Pietro: <<In casa non c’è niente da poterle dare>>. <<Abbiamo solo>> – aggiunse – <<un Nuovo Testamento, che ci serve per le letture del mattino, essendo noi senza breviario>>. Gli rispose Francesco: <<Dà alla nostra madre il Nuovo Testamento: lo venda secondo la sua necessità, perché è proprio lui che ci insegna ad aiutare i poveri. Ritengo per certo che sarà più gradito al Signore l’atto di carità che la lettura>>. Così fu regalato il libro alla donna e fu alienato per questa santa carità il primo Testamento che ebbe l’Ordine”.

 La vicenda ci permette di cogliere appieno lo spirito che muoveva Francesco, l’importanza che il Santo attribuiva alla carità e all’elemosina e la centralità del farsi prossimo a ogni essere umano in difficoltà. Una copia della Regola bollata, suddivisa in dodici capitoli ispirati ai principi di fratellanza, povertà e umiltà, e ancora seguita da tutti i frati minori, è affissa lungo la parete sinistra. Di assoluto pregio la Madonna con Bambino riferibile alla scuola di Antoniazzo Romano (XV sec.). La chiesa è decorata da sei vetrate realizzate dal Picchiarini nel 1926 raffiguranti alcuni episodi della vita del Santo, tra cui è facile identificare quello della cauterizzazione, strettamente legato a Fonte Colombo. Dalla chiesa si accede al chiostro del convento, dotato di un cortile originariamente circondato da portici solo su tre lati. Qui, su di una colonna in travertino, si erge una statua bronzea di san Francesco benedicente che stringe la Regola con la mano sinistra.

Il nucleo più antico del complesso corrisponde alla piccola cappella della Maddalena, dotata di un semplice altare cruciforme in pietra, con un Cristo Pantocratore del XII sec. che campeggia nell’absidiola. Al suo interno si possono ammirare diversi affreschi tra cui un Tau dipinto in rosso posto in corrispondenza della monofora, da alcuni attribuito alla mano di Francesco, che pare fosse solito tracciarlo sui muri dei luoghi che frequentava. Al di sotto della chiesetta, in corrispondenza di una piccola cappella dedicata a san Michele Arcangelo (XIII sec.), si trova il Sacro Speco, dove la tradizione vuole che Francesco ricevette la Regola da Cristo stesso. Il luogo esatto in cui Francesco era solito ritirarsi a pregare è contrassegnato da una croce, posta lungo una fenditura nella roccia, accanto alla Grotta di Frate Leone.

Fotografie di Alessandro Giampietri