Siamo ad Amelia, in via Posterola, il nome deriva dal latino tardo posterula / posterus, cioè situato dietro, nascosto; infatti la postierla era una piccola porta che dava accesso ai camminamenti di ronda nei castelli e nelle fortificazioni, quindi era generalmente nascosta.
Il Monastero di San Magno ubicato in questa via, fa riferimento a San Manno, martirizzato nel III sec. a.C., ricordato per l’importante attività pastorale e la missione di evangelizzazione in Puglia, Campania e Lazio.
Il Monastero viene menzionato per la prima volta nel 1179, quando l’allora vescovo di Amelia Pietro, lo affidò alla direzione del priore dell’Ospedale di San Giacomo in Redere, che sorgeva sul tracciato dell’antica via Amerina, poco distante dal Castello di Sambucetole.
San Giacomo in Redere, è citato nel 1145 come sede di una confraternita locale messa al servizio dei pellegrini che percorrevano la Via Amerina.
Tra il 1188 ed il 1189 la diocesi di Amelia cedette i Beni dell’Ospedale e della Chiesa di San Magno ai benedettini di San Paolo fuori le mura a Roma, continuando però a mantenere l’assistenza verso i pellegrini ed i malati che avevano bisogno di ricovero.
Solo dal XIII secolo nel monastero giunsero le suore benedettine, che ancora oggi gestiscono la struttura.

L’edificio non presenta una facciata vera e propria e ha subito vari rifacimenti, che purtroppo hanno mutato alcune caratteristiche architettoniche originarie del XII secolo.
All’interno sono presenti numerosi stucchi barocchi, insieme alle tele dipinte che si trovano sugli altari, che risalgono all’ultimo intervento del 1624.
Tra i vari soggetti delle tele abbiamo l’Assunzione della Vergine del pittore umbro Andrea Polinori, la Morte di San Benedetto di Antonio Viviani, due tavole ai lati dell’altare maggiore che rappresentano San Magno che resuscita un bambino ed il Martirio di San Magno, forse opera di Bartolomeo Barbiani, artista toscano.
Un oggetto che merita particolare attenzione è l’organo risalente al 1680 situato sulla parete sinistra, collocato dentro una pregevole cassa lignea ornata da angeli musicanti e stucchi dorati.
La particolarità sta nella presenza di una seconda tastiera, pedaliera e leve all’interno della chiesa, in modo tale che l’organista non potesse accedere all’interno del monastero visto che era di clausura.
La postazione inoltre è chiusa da una sorta di armadio, così da non poter vedere le suore e non poter essere visti.
Le foto del monastero sono state scattate da Rita Novelli, la foto dell’organo da Attilio Faroppa Audrino.
