Quando si parla di arte in ambienti non accademici, e ancor più spesso di storia dell’arte, non di rado si tende a discorrere di risultati finali. Poco spazio viene dato concretamente al processo che negli anni ha portato un artista a realizzare le proprie opere in un modo o in un altro. Sì, alcune note biografiche legano un luogo, o un evento, all’opera, ma ciò non basta a definire i processi creativi e trasformativi che hanno portato a determinate scelte.
Se questa analisi è difficile da fare per i grandi geni del passato, raccontare un artista contemporaneo è in qualche modo ancora più complesso, perché il suo essere in movimento, vivo e attivo nei cambiamenti del proprio stile, rende impossibile la messa a fuoco di quel punto conclusivo che delle opere degli artisti non più in vita fa affermare “Il suo stile era così; il suo stile era cosà”.
Come si potrebbe quindi definire, ingabbiare, lo stile dello scenografo, costumista, pittore, scultore ed incisore Francesco Marchetti, cioè, in realtà Skizzo?
La risposta è semplice: non si può.
C’è però una persona che può generare una definizione temporanea del suo stile; almeno una raccolta di gesti quotidiani e di pensieri a monte delle sue opere d’arte. Questa persona è lui stesso, intervistato nel suo mondo, un grande laboratorio a Perugia.
Un ampissimo curriculum vitae, fatto di personali, collettive, costumi, scenografie, murales e tanto altro gli fa da presentazione ancora prima che possa rispondere a qualsiasi domanda.
A parlare per lui anche il laboratorio in cui realizza studi ed opere, almeno la maggior parte: una fucina delle idee in cui sembrano unirsi l’una con l’altra le differenti forme e colori della materia artistica, libri compresi. In effetti c’era da aspettarsela una bottega così fatta, perché le opere di Skizzo giocano spesso proprio con la molteplicità dei livelli possibili dell’immagine, rivelando un animo creativo piacevolmente mutevole e stratificato. Arricchiscono il tutto sovrapposizioni variopinte, materiali e differenti tecniche sperimentali.
Prime impressioni, da confermare o smentire, seduti sopra uno sgabello, accanto a vernici, tele, plastiche, pennelli e pennarelli.

Da Schizzo a Sky a Skizzo: partire da Perugia, creare, continuare così
Un punto fermo nell’interpretazione dell’opera di Skizzo è già possibile metterlo grazie alla comprensione delle ragioni e della storia di un nome immediato e semplice come il suo. Lo è solo in apparenza e lo rivela quella K pragmatica, posta in sostituzione del CH.
“ La K è stata un’abbreviazione tecnica” racconta Francesco, “mi piaceva più del CH perché era un po’ più aggressiva e più corta. All’inizio scrivevo Schizzo, poi però molte persone mi chiamavano Sky, contraendo, allora ho tolto il CH, ho aggiunto la K ed è venuto fuori Skizzo”.
Francesco gioca con il proprio nome e marchio all’interno delle sue creazioni, come da sempre fa sin dalla prima formazione artistica che, bisogna dirlo, è perugina. E non gioca solo con quello: “Ho sempre creduto che l’arte non ha né muri né sbarramenti” spiega,“ Anzi, è tutta fluidificabile. Non vedo perché se una persona fa della pittura poi non può andare a far della scultura, o della scenografia, e viceversa”.
Quest’indole esploratrice lo portò nel 2002 a diplomarsi all’Accademia di Belle Arti di Perugia Pietro Vannucci in scenografia e costume, dopo aver già esordito nel 2000, sia in Italia che all’estero, a Corciano come a San Sebastian.
Di tempo ne è passato un po’ da quegli esordi. Forse, più che di tempo, si dovrebbe parlare di esperienza, vissuta in completa immersione nell’apprendimento continuo e nel desiderio di assorbire dai grandi maestri e collaboratori da lui incontrati nel percorso, come Dante Ferretti e Riccardo Buzzanca. Giusto per citarne un paio. E la sua mente non si ferma, progetta in continuazione: “Mi piacerebbe andare a Venezia e produrre delle cose con il vetro; mi piacerebbe andare a Massa Carrara e lavorare con uno scalpellino di quelli di una volta, che hanno una sapienza allucinante, o andare a Faenza, o ancora collaborare con Cucinelli, Timi, Ciribifera… “.
Sogna, raccontando le tante esperienze che desidererebbe fare o le tecniche che vorrebbe imparare, da quelle più artigianali alle avanguardie più sconosciute.
È un sogno lucido coerente con l’artista. Skizzo infatti non improvvisa, almeno non solo; ama le nuove tecniche perché le aggiunge al proprio bagaglio e ne fa mezzo di totale espressione come lui stesso esplicita:
“Io spesso dico ai miei ragazzi – e ad altre persone che si avvalgono delle mie consulenze – che le cose si devono conoscere a fondo: sia la storia dell’arte che le tecniche. I materiali, le procedure, permettono di conoscere la strada… Se padroneggi gli oggetti li puoi utilizzare al meglio. Dopodiché, una volta che tu sai, ti lasci andare all’inverso, al 100%”.

23 anni di opere, tra Perugia, Torino e oltre il confine
Negli anni Skizzo si è probabilmente abbandonato molte volte alle proprie muse: le sue tantissime opere, vere ambasciatrici dell’arte umbra di oggi nel mondo, troneggiano sui muri, le pareti e gli spazi aperti di decine di attività commerciali, case private e strade cittadine. Difficile non riconoscerle.
Tra le tante, una delle più recenti è “Meraki”, opera pittorica di 8 metri per 2, realizzata a Torino.
Il titolo del murale invita, come fanno i suoi colori e forme in movimento, all’azione. Il termine “Meraki” infatti, di derivazione greca, aveva un significato per gli antichi che potrebbe essere riassunto con l’espressione “fare qualcosa con tutto se stesso”.
Un messaggio più chiaro di così sull’esecuzione del dipinto era impossibile inviarlo.
Ben si sposa al pensiero che fino a oggi ha guidato l’attività creativa quotidiana di Francesco Marchetti. L’opulenza dei tratti e delle nuances presenti in molti quadri del suo laboratorio è studiata con precisione. Tale equilibrio della confusione lo si trova in “Meraki” come in altre opere, realizzate in collaborazione con ulteriori grandi del settore – le opere della personale con la Galleria Bassi di Bonn nel 2002/2003 o alcune tra le decorazioni del ristorante Condividere all’interno della Nuvola Lavazza, decorazioni create con Riccardo Buzzanca e Dante Ferretti – o in autonomia.
Un esempio recente è “Without You I’m Nothing”, opera dedicata all’arte, conservata in una collezione privata, realizzata su una superficie di ben 35 metri quadri.
Non si può dire che a Francesco non piaccia fare le cose in grande.
Ma se qualcuno volesse iniziare dall’Umbria a scoprire la sua arte, dove potrebbe andare a curiosare?
Le scuole potrebbero essere un buon posto da dove cominciare. Si trovano degli Skizzo nella mensa della scuola Giovanni Cena in Via Birago o all’istituto Omnicomprensivo Bernardino di Betto; ancora a Corciano, ad esempio nello studio dove opera il Sindaco in carica.
L’arte di Skizzo è però piuttosto libera ed appare chiaro che quando un suo quadro o scultura diventa parte di una collettiva prende una sua via che ha inizio al momento della mostra in cui viene esposta per la prima volta e continua in direzioni che lo stesso Francesco non è propriamente sicuro di poter tracciare in toto. Sono quindi opere figlie che una volta diventate adulte prendono la loro strada: in questo caso una strada fatta di osservatori, collezionisti, amanti dell’arte.

Di sperimentazione, insegnamento e intelligenza artificiale
Dolente per molti artisti, e ormai anche per numerosi profani, è il tasto dell’intelligenza artificiale. Quale futuro ci attende con i perfezionamento dell’AI? Il tema preoccupa illustratori, scultori, pittori e scrittori. Cosa ne pensa Skizzo?
La prende larga, ma la cosa è giustificata. Mette in campo la sua passione per un autore inglese, James G. Ballard, per rispondere a questa domanda.
“Lui (James G. Ballard) si rese conto che non c’era bisogno di tastare molti mondi, perché i veri alieni eravamo già noi. La vera fantascienza siamo noi” racconta Francesco, “Con lui ho quindi capito tante cose: che questi sono dei momenti. A un certo punto viene fuori un’invenzione che ancora non è ben capita e tutti hanno un po’ il terrore che possa prevaricare… però io sono convinto che la vera AI è il nostro cervello umano”. Poi continua “ Il problema è come uno lo utilizza questo cervello, e cosa uno ci mette dentro”.
Restare curiosi e attivi, fare domande per dominare l’intelligenza artificiale con l’intelligenza naturale è insomma il segreto per andare incontro a questa novità del nostro tempo senza inutili allarmismi. È un consiglio che Skizzo da anche ai propri studenti, quelli che ha avuto all’Istituto D’Arte di Perugia o svolgendo il ruolo di assistente alla cattedra dell’ABA, quelli che ha oggi a Deruta e anche quelli che avrà in futuro. L’insegnamento è in effetti una parte importante dei suoi discorsi.
Anche insegnando Skizzo scopre e crea, coltivando un lato ulteriore del proprio carattere: quello che lo spinge a non infiammare solo la propria mente ma a provare a farlo anche con quella degli studenti.
In proposito dice fieramente, “ I ragazzi hanno voglia di intraprendere il loro percorso, però bisogna insegnare loro ad osservare.“
Continua poi, “ Nella maggior parte dei casi ho trovato ragazzi in gamba. Se stimolati, vedendo che sei già tu infervorato, che ti piace ciò che fai, che fuori realizzi qualcosa e quindi che nel campo sei una persona che sta crescendo, allora iniziano anche loro ad essere affascinati. Ci vuole un po’ di tempo ma succede”.

In Umbria, le origini e a volte anche l’ispirazione
Questa fascinazione dello studente Francesco la visse a suo tempo proprio in Umbria, regione dove apprese i primi gesti dell’artista durante il suo “piccolo Rinascimento”. La regione in alcuni casi ancora gli fornisce spunti e idee che freneticamente, come da lui stesso raccontato, schizza e appunta a matita su un taccuino che si porta sempre dietro nelle sue esplorazioni.
“Perugia e Corciano, dove vivevo prima, sono due luoghi magnifici e complessi” afferma in proposito, “ perché hanno tante cose da vedere, che forse, anzi sicuramente, ancora non le ho neanche viste tutte. Poi ci sono tanti altri luoghi non da meno. Assisi, per antonomasia, Spello. A me piace anche andare a fare Trekking: tipo… sul Monte Cucco. Ti porta nella natura selvaggia e anche quella mi ispira parecchio”.
È un’ispirazione in continuo movimento quella che trasporta la creatività di Skizzo verso mete inesplorate. Così dai monti il suo pensiero si sposta mentre parla al lago Trasimeno, dando una dimostrazione pratica e colloquiale di quel processo creativo fatto anche di associazioni libere che poi conduce all’opera firmata.
“ Il Lago mi piace da morire, soprattutto le isole, perché sono mondi dentro un altro mondo: sono distaccate. Per arrivarci tu devi prendere un traghetto. Arrivi. Ti fermi e sei separato da tutto grazie all’acqua”.
È una ricerca che non finisce mai, a 360° quella che rende Francesco Marchetti un esploratore dell’arte e delle art. Qualsiasi oggetto o gesto può diventare un soggetto da rappresentare e includere nella prossima opera. Basta per lui aprire un libro, racconta, ascoltare un aria lirica, o partire anche da un singolo punto sulla tela, per lasciarsi trasportare. In quel punto c’è infatti “un mondo”. Facile così trovare sempre una strada per l’espressione artistica più autentica.
E i mostri sacri dell’arte umbra che ruolo giocano in questo tortuoso percorso che ha un inizio e un’opera finale ma tante svolte, bivi e svincoli prima di arrivare?
Un Burri, un Brajo Fuso, un Bruno Orfei, un Bruschetti o un Dottori possono per Skizzo certamente diventare tappe visive del processo di creazione:
“Spesso vado a riguardare i lavori di questi artisti come anche di vecchi miei professori dell’istituto d’arte, ma anche grandi nomi, viventi, che ho conosciuto studiandoli. Mi aiuta” puntualizza Francesco, mentre scava nella mente, “Ad esempio vado spesso a Palazzo della Penna o alla Galleria Nazionale dell’Umbria. Anche il Pozzo Etrusco mi ispira da morire, perché mi porta indietro nel tempo”.
Lo Skizzo pensiero sembra roteare in continuazione e non fermarsi mai. Pare quasi, anche solo chiacchierando, di seguire un filo che continua a scorrere verso un punto preciso. Cerca il suo ago. Questo filo , fatto di ragionamenti, non può fermarsi finché una nuova opera non verrà terminata. Seguendolo, appare chiaro ora il perché i discorsi non accademici sull’arte raramente si soffermino sul processo creativo, prediligendo invece la critica, o la lode, dell’opera finale quindi del risultato. Non c’è spazio, non c’è tempo, in una sola chiacchierata per la vera comprensione di un artista: lo si può davvero capire solo diventando mezzo attivo, esploratore e osservatore, di tutto ciò che è parte di quel concetto sconfinato chiamato creatività.
Per capire Skizzo quindi bisogna continuare ad osservare lui e il resto.
Da Perugia e Corciano può partire questo viaggio, alla ricerca delle sue opere. A volte si materializzeranno inaspettate sulle pareti di una scuola o su quelle degli spazi di una futura mostra collettiva. Altre volte sarà necessario partire per Torino oppure Bonn, visitare la Biennale di Venezia o sedersi in un teatro per ammirarne la scenografia.
Basta aprire gli occhi e lasciar fare alla serendipità: forse un opera firmata Skizzo è già davanti a voi.