Fino a domani, 12 marzo 2023, presso la bct – Biblioteca Comunale di Terni, sarà possibile visitare la mostra Into her dream – 13 Icons, personale dell’artista e giornalista Simona Chipi, originaria dell’Umbria e cittadina del mondo.
L’esposizione è una finestra sorprendente sulla concezione del femminile dell’artista: simbolismi accurati e tecniche artistiche all’avanguardia trasportano il visitatore in un viaggio fatto di colori e forme ben studiate.
Per esplorare al massimo le ragioni dietro la realizzazione delle 4 opere in mostra a Terni abbiamo intervistato Simona Chipi, di ritorno in Umbria dopo molti anni di attività giornalistica all’estero e in Italia.

Cominciamo con una domanda orientativa, diciamo dall’inizio, chi è Simona Chipi ufficialmente e chi è Simona Chipi per Simona?
Penso di essere talmente esplicita e trasparente nel mio modo di essere e di stare al mondo che le due cose coincidono. Sono una giornalista che ha trovato anche nel linguaggio artistico e nella creatività uno strumento straordinario per raccontare storie. Storie di donne in particolare visto che sono il mio unico soggetto e storie del nostro rapporto con il mondo che ci circonda, con gli altri, con la natura, con la contemporaneità.
So che sei di origini umbre e che sei nata in un paese nei pressi di Perugia, quale? Quanto ti senti umbra?
Sono umbra e lacustre! Sono nata a Castiglione del Lago, uno dei borghi più belli dell’Umbria e anche se me ne sono andata a diciotto anni per la città (Perugia!) per frequentare l’Università e poi in altre città, sono rimasta molto legata al mio lago malinconico e bellissimo. Sì, mi sento molto umbra soprattutto per le meraviglie che questa terra continua a regalarmi, meno per la mentalità, a volte un po’ chiusa, un po’ diffidente, ombrosa.
So che per il tuo lavoro, quello di giornalista e di artista, hai abitato a Roma e anche in Kenya, adesso sei tornata in Umbria; è un ritorno che, anche personalmente, mi incuriosisce. Cosa ti ha richiamato a casa, se per te questa è effettivamente casa?
Sinceramente fino a due anni fa non immaginavo proprio di tornare a vivere in Umbria. Poi le cose accadono, per scelta, perché è destino, per le famose “congiunture astrali” non saprei esattamente perché…Sono convinta però che se sai ascoltare la tua anima, se segui anche con un pizzico di leggerezza e di fatalismo il tuo spirito ci sarà sempre un posto giusto dove far ritorno. Adesso vivo a Spina, un borgo castello tra Todi e Perugia inagibile per tanti anni a causa del terremo ma che adesso è tornato a vivere in armonia con questa natura traboccante, con la Madre Terra e che ha un’enorme influenza sul mio lavoro artistico.
Ci sono differenze o analogie che ti hanno particolarmente colpito fra l’Umbria e le altre città in cui hai avuto la possibilità di abitare? Sai come si dice “tutto il mondo è paese”. Per te è vero?
Per la verità nessuna analogia. L’Umbria è l’Umbria; ha una sua unicità come per altro tutte le regioni di questo meraviglioso Paese dove abbiamo la fortuna di vivere. E poi non c’è il mare in Umbria, più unica di così!
Quanto delle culture con cui sei entrata a contatto ha poi influenzato la tua arte?
La conoscenza è ricchezza e consapevolezza, ma questo vale per tutto. Se poi hai la possibilità di rielaborare e reinterpretare attraverso l’atto creativo questa conoscenza, o come dici tu, le culture incontrate, allora non può esimerti dal portarle con te, non puoi non lasciarti contaminare, influenzare, coinvolgere anzi, lo ritengo un grande privilegio.
In questi giorni alcune tue tele e non solo sono in mostra alla bct di Terni per la mostra INTO HER DREAM – 13 ICONS. Il femminile tanto evidente quanto celato. La mostra è dedicata al femminile e in particolare ad alcune icone femminili che potremmo definire “escluse”. Come mai questo tema?
Questa mostra è costruita attorno ad un numero, il 13, che ho utilizzato come simbolo di un’esclusione. Partendo proprio dalla tredicesima apostola dipinta forse da Leonardo ne “Il cenacolo” noto anche come “Ultima cena”, una figura nascosta, negata, cancellata attorno alla quale si è molto parlato. E poi c’è Eva, l’incarnazione dell’armonia perduta, e anche qui il 13, nel versetto della Genesi: Il Signore disse alla donna “Che hai fatto?” Rispose la donna “Il serpente mi ha ingannata e io ho mangiato”. Maria di Magdala a Eva diventano così Icone, di sé stesse, di tutte le donne del mondo, di ogni estrazione sociale, di ogni razza, di ogni tempo. Un alibi, il 13, per
mostrare l’essenza delle verità sul Femminile che per troppo tempo sono rimaste nascoste, ma che possono illuminare tutte le donne pronte a scoprire la propria completezza, accogliendo senza timore, il potere del loro sacro femminile.
Il tema del femminile è ricorrente nelle tue opere. C’è una ragione? O anche più ragioni.
Cerco la bellezza, la sua origine e la sua capacità di propagarsi nelle cose del mondo, in ciò che facciamo e in chi siamo. Il Femminile per me è la sintesi di tutta questa bellezza. Un femminile che è moltitudine, origine, fine: il sangue e il sudore della genesi, il dolore e il pianto della perdita. Tra questi due attimi fatali c’è tutto il resto: dolcezza e violenza, visione e negazione, furia ed estasi, vigore e sfinimento, orgoglio e asservimento. Forza, consapevolezza, coraggio, tenacia.
Dipingo volti e corpi di donna ancestrali, totemici. Anime di carne che guardano da dietro il bianco dei loro volti come il trucco della geisha, una maschera per nascondere a chi osserva il tempo che passa, i pensieri che si ammassano, le emozioni che arano, affinché possa arrivare soltanto uno sguardo, un paio di labbra rosse, il sesso tatuato sulla carne a descrivere la moltitudine.
E cerco la giustizia. La giustizia sociale, le pari opportunità ma senza alcuna forma rivendicativa o celebrativa di un femminismo datato, nostalgico, appesantito dal rimpianto.
Quante sono le opere esposte e con quali tecniche sono state realizzate?
Per INTO HER DREAM – 13 INCONS ho realizzato in particolare quattro immagini, quattro volti dipinti su tele di grandi dimensioni dove dietro ogni sguardo che si socchiude si apre un mondo che svela, che accoglie, che perdona, come a restituirci quel numero escluso per secoli…l’ultimo diaframma. A Terni in totale sono dodici lavori, su tela, su plexiglass e anche opere NFT, tutti incentrati sui volti, sugli sguardi, sul corpo nudo di donna. Accogliente e libera. Diversa, ma mai indifferente.
Che rapporto hai con le nuove tecnologie e come questo rapporto influenza la tua arte?
Il mio Maestro di pittura mi definisce una sperimentatrice, e ha ragione, le nuove tecnologie, il digitale ti aprono a un altro mondo. Per questo i lavori su tela sono diventati una sorta di matrici: digitalizzo le tele a olio e i collage, li ridipingo con la matita digitale e poi stampo, di nuovo su tela o su materiali industriali (plexiglass, d-bond, alluminio) e infine intervengo ancora con la pittura materica ma anche attraverso l’inserimento di tagli di luce, di auree luminescenti che trasformano magari un quadro in un oggetto di art designer. La digitalizzazione mi consente anche di lavorare su grandi formati e questo mi stimola moltissimo perché ho paura delle dimensioni sempre più piccole delle immagini con cui nutriamo il nostro immaginario e dei “visori”, penso agli smartphone, da dove guardiamo il mondo. Vorrei restituire alle cose la loro vera grandezza, quella che può riconsegnarci il senso del sé e delle relazioni, che ci comprende, sorprende, include. La grandezza che torna ad essere meraviglia.
Quanto del tuo essere giornalista trasmetti nell’arte e quanto della tua arte si riflette nel quotidiano della giornalista?
È uno scambio anche se devo dire che il mio essere giornalista ha più influenza nel mio lavoro artistico che viceversa. Nel senso che certamente “trasporto” ciò che faccio, che so, che leggo, che scrivo, che studio nel mio lavoro artistico ma quando sono lì, davanti la tela, si entra anche in un’altra dimensione, liberatoria finanche immaginifica e così lo scambio si interrompe. Per molto tempo essere artista ed essere giornalista è stato un conflitto, uno scontro intimo e dolente che mi limitava, a volte è stato frustrante. Ma è anche grazie al mio mestiere di giornalista se ho avuto l’opportunità di scoprire tante storie, tante storie di donne, tante intimità che poi, evidentemente tento di riscrivere, almeno in parte, nelle mie opere. Ora, con le mie due anime, posso dire che ci ho fatto pace!
Terminata la mostra a Terni dove potremo rivedere le tue opere?
Sto lavorando su un altro progetto più orientato sull’oggetto di design, ci vorrà tempo quindi per adesso nessun’altra mostra è in programma. Navigo a vista.
Domanda must per realumbria.it: quale è il tuo posto preferito in Umbria se ne hai uno?
Il mio lago Trasimeno, ma solo d’inverno e la città di Spoleto: l’affaccio su Piazza Duomo e la vista della Cattedrale di Santa Maria Assunta con i suoi rosoni, le nicchie e i mosaici è uno regalo di pura bellezza e pace, è l’Umbria!
