Skip to main content

L’abitato di Ocriculum era già esistente in epoca preromana, momento a cui risalgono i ritrovamenti di resti antropici ed organici della prima età del ferro.


Queste scoperte sono di estrema importanza, poiché inseriscono Otricoli tra i più importanti centri protostorici della Sabina tiberina; sono inoltre attestate necropoli orientalizzanti e luoghi di culto arcaici ed ellenistici.
L’abitato si posizionava originariamente su di un’altura, infatti il toponimo deriva dalla parola greca Ocris, cioè monte, che avrebbe influenzato l’umbro ocar; successivamente, in età repubblicana, fu traslato nel luogo in cui si trova tuttora l’area archeologica.
La posizione dell’abitato di Otricoli fu da subito strategica, poiché attraversato dalla via Flaminia e dal fiume Tevere, sul quale si affacciava l’importante Porto dell’Olio.
Il massimo splendore di questo centro si ebbe in età imperiale, grazie ad una fiorente economia fondata sull’agricoltura e sull’industria figulina, sulla fabbricazione di tegole e bolli ma soprattutto con la creazione di particolari coppe, chiamate “Coppe di Popilio”.

Ocriculum

Il percorso dell’Antica via Flaminia, seguiva probabilmente la strada statale ad est di Ocriculum, proseguiva sul tracciato che porta all’odierno paese di Otricoli, in cui costeggiava le mura di epoca medievale.
Il vero e proprio insediamento romano nacque dopo la battaglia di Mevania (Bevagna), quando nel 308 a.C. Ocriculum divenne alleata di Roma, acquisendo un ruolo fondamentale poiché al confine con l’Umbria e la Sabina e punto di snodo per gli scambi lungo la Flaminia.
La città fu distrutta tra il VI ed il VII secolo, durante l’invasione longobarda, ed è proprio in questo frangente che avvenne il passaggio dalla città “bassa” a quella “alta “che conosciamo ancora oggi.
Purtroppo la mancanza di scavi regolari non ha permesso di mettere in luce tutti i monumenti dell’antico abitato, come il foro e la basilica, ma sono presenti resti di imponenti edifici che vanno dall’età repubblicana all’alto medioevo.
Dell’antica città di Otricoli ne rimase colpito anche Wolfang Goethe, quando durante il suo viaggio in Italia alla fine del 1700 la descrisse così:
“…valli e valloni, da presso e da lontano, tutto è delizioso… Otricoli giace su un colle ghiaioso accumulato dalle antiche correnti; è costruita con pietre di lava, trasportatevi dall’altra riva”.

Ocriculum
Ocriculum

I MONUMENTI SUPERSTITI

Una volta giunti all’interno del parco, dopo aver percorso una breve stradina bianca nel bel mezzo della campagna umbra, si giunge al primo monumento: l’anfiteatro.
Questo edificio, risalente al periodo augusteo, è in parte costruito ed in parte scavato nella collinetta, misura 120×98 m.
Purtroppo il rivestimento esterno del monumento non è più visibile, ma rimangono visitabili alcuni tratti della galleria coperta, le scale tra gli ambulacri e resti della galleria più interna, molto suggestiva poiché il corridoio è in parte scavato nella roccia.
Proseguendo si arriva alla zona delle terme, unico monumento menzionato nelle fonti epigrafiche.
Furono edificate nel II secolo d.C. da Iulius Iulianus, sorgono su un grande campo artificiale, livellato in età romana per convogliare le acque del rio San Vittore in un canale sotterraneo.
Dalle terme proviene il grandioso mosaico oggi conservato nella Sala Rotonda dei Musei Vaticani, in cui era rappresentata al centro la testa di una medusa ed intorno si snodavano scene con lotte tra Centauri e Greci, scene con mostri marini, Tritoni e Nereidi.
Notevole è la copertura, ormai in parte distrutta, realizzata a forma di conchiglia.
Il ninfeo (I a.C. / I d.C.), ovvero il santuario dedicato alle ninfe sorge sempre sulla stessa area, e si presenta come una lunga sostruzione con al centro un’imponente abside avente ai lati due nicchie rettangolari.
La parete con le nicchie aveva la funzione di facciata ed era legata ad un intreccio di cunicoli che dalle cisterne presenti sul pianoro sovrastante portavano l’acqua al ninfeo, studiato anche in rapporto al percorso della Flaminia.
Le grandi sostruzioni di età tardo repubblicana, sono state costruite con lo scopo di contenere il terreno, che originariamente scendeva verso il rio San Vittore.
L’edificio è costituito da dodici ambienti disposti su due piani, gli ambienti di sostruzione sono comunicanti tra loro tramite arcate a tutto sesto.
Le sostruzioni dovevano sostenere molto probabilmente un edificio pubblico, forse un tempio dedicato alla dea Valentia, di cui non rimane traccia.
Il teatro si addossa anch’esso con la parte posteriore al pendio del terreno, e l’area pianeggiante nasconde il cunicolo sotterraneo in cui scorre il rio San Vittore che esce a valle della sostruzione davanti alla cavea.
Alla decorazione del teatro appartengono le statue colossali delle Muse sedute, che probabilmente erano inserite all’interno delle nicchie, ora visibili nella sala a Croce Greca dei Musei Vaticani.
Arrivando alla chiesa paleocristiana di San Vittore, edificata tra i campi e lambita dal fiume Tevere, si può ammirare un paesaggio bucolico, quasi fiabesco, che crea inevitabilmente un’atmosfera di altri tempi.
A destra della strada di San Vittore e al di fuori del nucleo urbano si trova la chiesina di San Fulgenzio, e proprio lungo questa strada vennero rinvenute tombe di epoca romana.

Ocriculum

UN FOCUS SUL PORTO DELL’OLIO

Attualmente, il luogo in cui sorgeva il Porto dell’Olio viene indicato come Fiume Morto, la sua funzionalità ha dovuto seguire purtroppo le numerose inondazioni che si sono susseguite.
Il pericolo delle inondazioni e la navigabilità del Tevere, erano infatti una continua preoccupazione per lo Stato Pontificio.
Fu in occasione del giubileo del 1675, che l’ingegnere Cornelius Meyer, su richiesta di Clemente X, si recò sul Tevere annotando tutte le soluzioni che avrebbe potuto mettere in pratica per evitare questo disagio.
L’ingegnere redasse un libro con cinquanta disegni in cui erano rappresentati vari ordigni per evitare le difficoltà della navigazione.
Successivamente, sotto il pontificato di Benedetto XIV, due ingegneri bolognesi Andrea Chiesa e Bernardo Gambarini vennero chiamati a studiare il corso del fiume sia per le inondazioni che per la navigabilità.
Nel 1744 presentarono al papa il lavoro concluso, e fecero incidere da Carlo Nolli una mappa realizzata da loro in cui era rappresentato il corso del fiume dallo sbocco del Nera fino a Roma.
Le mappe originali erano tutte acquarellate ed ognuna accompagnata da apposita relazione.
L’opera venne pubblicata due anni dopo.
L’area archeologica di Ocriculum è visitabile liberamente tutti i giorni, non fatevi scappare l’occasione di fare un tuffo nella storia e nell’arte made in Umbria!

Ocriculum