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Quest’anno si celebrano i 500 anni dalla morte del Perugino, e dal 3 marzo sarà possibile visitare la mostra “Il meglio maestro d’Italia. Perugino nel suo tempo” presso la Galleria Nazionale dell’Umbria. Al secolo Pietro di Cristoforo Vannucci fu uno dei grandi nomi della pittura in Italia (e oseremo dire, del mondo, almeno di quello occidentale).

Ma cosa sappiamo veramente sul “meglio maestro d’Italia?”

Ecco 5 curiosità sorprendenti.

IO - Perugino

1.“Questo sono… Io”

Considerata la prima opera realizzata dal Perugino a Perugia, secondo il Vasari, “Adorazione dei Magi” fu dipinto tra il 1470 e il 1476. In quest’opera Pietro si autoritrae: osservate l’ultimo soggetto, all’estremità sinistra del quadro, colui che ci ricambia lo sguardo. E’ proprio lui, il Perugino. Se da un lato questo fatto è noto a molte persone, non tutti sanno, invece, che sul colletto il “meglio maestro d’Italia” ci ha lasciato un indizio. Infatti, se guardate bene, c’è scritto: “IO”. Genio.

2.Un pittore dalla vocazione imprenditoriale 

È sentire comune che Michelangelo sia stato, fatte le debite proporzioni, l’artista più pagato della storia. Noi possiamo affermare che il Perugino, dall’altro lato, fu uno dei primi pittori di mestiere e ne è prova la sua vastissima produzione. Dipinse quasi 200 opere, e fu tra i protagonisti della prima fase decorativa della Cappella Sistina. Ma così come l’artista toscano, anche il Perugino ebbe il suo lato imprenditoriale: fu proprietario di una bottega a Firenze e, nel 1501, ne aprì un’altra a Perugia.  

Inoltre, le sue opere venivano commissionate in tutta la penisola, per non parlare degli artisti europei che venivano in terre umbre, da lui in bottega, a imparare dalle sue tecniche. “Volendo fare di sua mano Lui è il meglio maestro d’Italia”, lo ha così descritto, com’è noto, Agostino Chigi, in una lettera al padre. E grazie al suo lavoro, comprò delle proprietà a Firenze, Perugia e Città della Pieve.

Divin pittore sì, ma anche instancabile e un po’ tirchio! Sempre il Vasari: “sí come quello che di nessuno si fidava, mentre andava e veniva da Castello della Pieve a Perugia, portare di molti danari addosso, anzi quanti n’aveva; per il che alcuni aspettatolo lo rubbarono, e raccomandandosi molto, gli lasciarono la vita per Dio. Laonde egli, operando mezzi che pure n’aveva assai, infine della liberazione gran parte ne riebbe, ma fu per dolore vicino a morirsi.”

3.Il suo stile pittorico perdurò fino al Manierismo di Michelangelo

Più di due decenni di scuola pittorica vi sembrano poco? Il Perugino, infaticabile lavoratore, fu allievo del Varrocchio e maestro di Raffaello e del Pinturicchio, oltre a esser stato compagno di studi di Leonardo.

Come ha ben ricordato Marco Pierini – Direttore della Galleria Nazionale dell’Umbria nonché curatore, assieme a Veruska Picchiarelli, della mostra “Il meglio maestro d’Italia. Perugino nel suo tempo” –, Pietro Vannucci “ha contaminato la scena artistica italiana, dalla Campania al Piemonte, la Firenze del Magnifico Lorenzo, la Perugia dei Baglioni, e la Roma dei grandi papi.”

Indubbiamente un traguardo di portata storica per un singolo artista. Specie se si pensa all’intera scuola umbra dell’epoca che uscì dalla sua bottega… Fosse nato nei nostri giorni avrebbe avuto moltissimi follower!

trinità e santi _ cappella san severo

4.L’allievo partì prima del maestro

Il Perugino nacque nel 1448, circa. Dal canto suo Raffaello venne al mondo quasi quarant’anni dopo, più precisamente nel 1483. Tristemente il Maestro dovette salutare il suo allievo: nel 1520, a Roma, Raffaello venne a mancare a soli 37 anni.

Un anno prima il maestro, già settantenne, completò l’affresco “La Trinità e i Santi” conservata alla Cappella di san Severo, in pieno centro storico di Perugia. L’allievo iniziò a dipingerla nel 1505 ma pieno zeppo di importanti commissioni provenienti da Firenze e Roma (basti pensare a “La Scuola di Atene”, databile al 1509-1511, e a soli 26 anni!), la dovette lasciare alle sapienti mani di Pietro. Chi meglio di lui?

5.Morì a Fontignano mentre terminava la sua ultima opera

Se stando a quanto riportato dal Vasari, il Perugino sarebbe morto a Città della Pieve. In realtà, lui morì e venne seppellito a Fontignano di Perugia, ove viveva dal 1511. In effetti, all’Oratorio dell’Annunziata oltre alla sua tomba si trova anche l’affresco “Madonna col Bambino in trono di Fontignano” (1522), completata un anno prima di spegnersi.

La scelta di vivere in una località fuori dall’Acropoli non è del tutto chiara. Probabilmente per evitare di beccarsi la peste (quella del 1464). Nonostante le presunte preoccupazioni morì nel 1523, colpito proprio dalla temuta e terribile malattia, arrivata in zona un anno prima.

Pietro partì mentre dipingeva quella che è considerata la sua ultima opera documentata, l’”Adorazione di pastori”. L’enorme affresco venne staccato dall’Oratorio alla fine dell’800 e dopo alcune trattative finì al Victoria and Albert Museum di Londra (tuttora conservatovi). A completarlo ci pensarono gli allievi della sua bottega di Perugia.