Un giro veloce per il centro storico di Perugia fa capire anche al passante meno attento la particolarità dei nomi delle strade dell’Acropoli. Animali, colori, sfumature, mestieri, molti rigorosamente in dialetto perugino. Così è il nostro centro storico, ricco di storia anche di quella toponomastica.
Secondo Alice Coli, guida turista di Gran Tour Perugia, la stratificazione toponomastica di Perugia – e nello specifico si parla del centro storico – raccoglie al suo interno tracce dei periodi storici quali Medioevo e l’800. Difatti nel XIX secolo si osserva un netto cambiamento nella toponomastica, e due furono i motivi: l’invasione napoleonica in Italia, a inizio secolo, e l’Unità di Italia nel 1861. Non a caso da quel momento in poi la toponomastica fu scelta a partire dai personaggi illustri di allora: ne sono esempi i famosi corsi Garibaldi, Cavour, Vannucci; vie Baglioni, Bonazzi, Mazzini, Imbriani e via dicendo sparsi in tutto il Bel paese.
Il concetto di “indirizzo” è senz’altro moderno (per non dire eurocentrico). Se si pensi ai codici postali, questo sistema fu introdotto solamente nel XX secolo, post periodo napoleonico. Il primo paese ad avere quello che in Italia si chiama “codice di avviamento postale” fu la Germania nel 1941. E ancor oggi non tutti i paesi ne fanno uso. Tant’è vero che l’agenzia Onu Unione postale universale riporta l’assenza di un codice postale nazionale e unico in più paesi, tra questi anche l’Irlanda.

Uscendo da questa prospettiva ormai scontata ed europea, sarebbe del tutto normale, dunque, chiedersi come facevano i nostri antenati a raggiungere i parenti, gli amici, i negozianti; le strade, poi, come si chiamavano, chi decideva il loro nome? E soprattutto, in quale lingua, se l’Italia è stata unificata soltanto nella fine del XIX secolo?
Nella Perugia di una volta il motore narrativo e “nominatore” del centro era il dialetto. Non a caso vi troviamo nomi di vie che vanno dai colori ai frutti, piante e alberi, dai mestieri agli animali, passando per caratteristiche morfologiche del terreno fino ad arrivare alle attività commerciali lì svoltesi.
Per esempio, salendo corso Garibaldi prima di piazza Lupatelli in uno di quei vicoletti che lo contraddistinguono, c’è via dei Pellari. Si narra che in quella strada si… Esattamente, si spellava il pollame! Rimanendo in zona ma andando più su verso Porta Sant’Angelo si può andare alla scoperta di una viuzza molto particolare e nascosta che regala un cortile interno del tutto unico. Siamo in via dei Solfaroli, i lavoratori dello zolfo.
Nei pressi di Porta Pesa, in fondo a via Imbriani – direzione via Enrico del Pozzo – è ubicato uno strettissimo e buio vicolo ma non per questo meno intrigante. Si tratta di via dei Lanari. I lanaioli erano, si legge, Frati Umiliati lombardi e furono chiamati dai Priori alla fine nel ‘200.

Tornando invece verso via della Viola e salendo in direzione del centro storico si è su via dei Cartolari. Dal nome, infatti, si intuisce di quale mestiere si parla: nel ‘500 in effetti vi era uno studio tipografico. Secondo Sacchi De Angelis (2008) “a questi abili artigiani si deve la stampa in quattro libri degli Statuti del Comune di Perugia”, ovvero, una raccolta di circa tre secoli di atti e leggi dell’amministrazione locale.
Una volta arrivati in centro si attraversa corso Vannucci e si riscende ma questa volta verso la Cupa. Fermi: eccoci in via delle Streghe. È ben vero che la parola “strega” non è dialettale, deriverebbe dal latino (e avrebbe anche una corrispondenza in greco); tuttavia descrive una figura da secoli molto importante per le civiltà/comunità locali: la maga, la fattucchiera, colei che aiutava a scoprire il sesso del figlio o figlia che sta per venire al mondo, l’origine e causa di malattie varie (e perché no, anche la magia nera!).
Dall’altro lato della città, verso sud, si giunge alla zona di corso Cavour. Proprio vicino alla particolarissima chiesa di Sant’Ercolano c’è via del Bovaro. E anche via Piantarose. La prima il richiamo ai bovini è evidente – di fatto, quella era un tempo una zona abbastanza appartata e soprattutto, a differenza del centro, in pianura: i prodotti provenienti dalla campagna arriverebbero proprio lì, luogo in cui sarebbero presenti le stalle dei buoi/tori. Per quanto riguarda la seconda, invece, non ci sono informazioni sull’origine del nome, anche se i due termini agglutinati (“pianta” e “rose”, per l’appunto) ci fanno ipotizzare che lì ci fosse un giardiniere (nota al lettore: supposizione del tutto inverosimile!).
Diretti Porta San Pietro il vicolo parallelo a corso Cavour (che parte da via del Laberinto fino ad arrivare all’altezza dell’Auditorium Marianum) venne intitolata ad un cantante. Si è in via del Canterino! La Treccani riporta una definizione analoga riguardo il termine in questione: “Chi, soprattutto nei sec. 14° e 15°, componeva e recitava cantàri”. Al tempo stesso fonti raccontano che nel ‘300 (almeno nel perugino) i cosiddetti “canterini” erano i domestici dei Priori. Cinquecento anni dopo, vale a dire nell’800, e grazie alla testimonianza di Lady Morgan – scrittrice irlandese autrice di Italy, una sorta di manifesto pro-indipendenza italica – si venne a sapere che tali “collaboratori” erano ancora chiamati in quel modo.
Come promesso, il bonus: oggi via Danzetta (in onore di un sindaco, il partigiano Nicola) ha avuto più nomi lungo i secoli, tra cui via dei Cappellari. Lasciamo che il lettore scelga l’interpretazione più attinente…
Ripercorrere la memoria stradale del centro storico attraverso il dialetto o termini legati alla nostra tradizione è senza dubbio un modo interessante per conoscere la storia della nostra città, natia o d’adozione che sia. Pronti al prossimo articolo della rubrica “le vie al centro”?
