La Madonna delle Grazie coi santi, conservata nel Monastero di S.Agnese delle clarisse.
Fra le clarisse del Monastero di S.Agnese di Perugia, è la monaca Mariachiara a relazionarsi con il mondo esterno. Quando qualcuno suona al campanello per chiedere da mangiare è lei a occuparsene, proprio come si premura di far visitare, a coloro i quali lo richiedono, l’affresco del pittore Pietro Vannucci che si trova all’interno di questo luogo ameno.
La sua figura è piccola, delicata e i suoi occhi ricordano la purezza di quelli dell’agnello raffigurato fra le braccia di Sant’Agnese, la martire romana del III secolo d.C. da cui derivano tutte le altre, fra cui Agnese d’Assisi sorella minore di Santa Chiara.
Il convento si trova in una piccola via, che si interseca in Corso Garibaldi, dove il frastuono della strada è un ricordo lontano.
Entrarci è un privilegio, un vantaggio che sconfina nell’imporre a qualcuno la propria presenza, anche se quella persona ha scelto una vita in clausura.
Dietro questa concessione straordinaria c’è però una storia iniziata durante l’Unità d’Italia.
Le clarisse furono infatti costrette a lasciare la struttura, risalente al 1300, dopo le soppressioni degli ordini religiosi del 1860. Passato il burrascoso periodo tentarono di riacquistarlo contro il volere del demanio, impegnato a far rimanere pubblica l’opera di Perugino. Fu papa Leone XIII, nel 1910, a risolvere il problema eliminando la clausura dal corridoio che porta alla cappella in cui si trova l’affresco, accontentando di fatto tutte le parti in causa.

La Madonna delle Grazie coi santi si trova nella cappella di Sant’Agnese, dove le monache si recano ogni giorno per portare le loro preghiere. Sorella Mariachiara ricorda che gli occhi ammirano un affresco che si trova proprio nel posto per il quale è stato concepito e sottolinea un’importante minuzia da non dimenticare, qui ogni muro è pregno di preghiera.
A spiegare l’opera d’arte, in tutti i suoi dettagli, è Elisabetta Federici, guida turistica di Meravigliarti in Umbria. L’associazione è nata con l’intento di far scoprire i luoghi misteriosi della regione, proprio come quello del monastero delle clarisse, visitato durante il tour “I luoghi del Perugino a Porta Sant’Angelo”.
“La vergine che vediamo è in azione orante, con i palmi rivolti verso i fedeli e la cintola di una lunga veste, legata sotto il petto, mette in evidenza un ventre rigonfio, un ventre da madre in attesa. I piedi nudi sotto la tunica rappresentano invece un cenno rivolto al futuro” spiega Federici, mostrando il vestito rosa, elegante e dal morbido tessuto, utilizzato dal pittore per vestire Maria.
L’opera, erroneamente datata intorno al 1522, risale invece a una decina di anni prima, nel periodo in cui Perugino non solo è il migliore maestro d’Italia ma anche il più pagato.
Ai lati della Vergine troviamo Antonio Abate e Antonio da Padova, i due santi taumaturghi.
Antonio Abate lo riconosciamo dalla T del pellegrino posta sul suo abito e dall’animale che sempre lo accompagna nelle raffigurazioni, il maialino, importante per gli antoniani che usavano il lardo del maiale per curare il famoso fuoco di S. Antonio.
Solitamente questi due santi sono rappresentati insieme perché hanno una funzione protettiva, apotropaica.
Genuflesse, ai piedi di Maria, ci sono due donne in abiti da terziarie e dai volti molto caratterizzati, tipici di un perugino ritrattista. Molto probabilmente si tratta delle committenti che, non essendo clarisse che fanno voto di povertà, potevano permettersi di usufruire dei loro beni e pagare un pittore del calibro di Perugino.
Per una serie di fortunate coincidenze oggi è possibile visitare l’opera di Perugino in un luogo incantato e scoprirsi sorpresi di fronte a un paesaggio umbro che troviamo alle spalle di una giovane e candida Vergine. Il tipico scenario del pittore umbro che attingeva forma e colore dalle radici della sua terra. Lo stesso panorama che, rivolgendo lo sguardo oltre le mura di Perugia, si ritrova usciti dal tacito monastero di S. Agnese.
