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Affacciate sul Torrente Camignano, le stratificazioni rocciose della gola del Bottaccione raccontano, come pagine di un libro lunghissimo, incredibili storie, datate milioni di anni. Una in particolare spiega plausibilmente uno degli avvenimenti più catastrofici della preistoria: la quinta estinzione di massa, quella dei dinosauri.

La gola del Bottaccione

La gola del Bottaccione è una profonda incisione nel terreno roccioso, generata in 2-3 milioni di anni dal Torrente Camignano.

Si trova nelle vicinanze di Gubbio, in una stretta valle che taglia trasversalmente i monti Ingino e Foce, anche detto monte Calvo.

Il termine Bottaccione, che ne caratterizza il nome, significa “grande bottaccio”, conca. In effetti uno sbarramento antico del Torrente Camignano crea a fondo valle proprio un grande bacino artificiale.

La diga in questione non è un’opera recente: è una costruzione contemporanea a quella dell’antico e noto acquedotto medievale della zona, la cui realizzazione viene solitamente attribuita a Matteo Gattapone.

Le pareti della gola del Bottaccione nascondono una serie di strati rocciosi, chiamati Successione umbro marchigiana, estremamente importanti per geologi e paleontologi.

Attraverso lo studio della composizione delle varie rocce e terre costituenti le pareti dell’incisione è stato possibile nel tempo effettuare numerose scoperte, relative alla storia pre-umana dell’area mediterranea, che hanno portato anche alla formulazione di alcune importanti ipotesi  legate alla scomparsa dei dinosauri.

In basso, verso l’area di Gubbio, si possono trovare le stratificazioni più antiche; verso Madonna della Cima, più in alto, si trovano per contro quelle relative a periodi più recenti.

Le aree di maggiore interesse geologico sono quelle denominate Livello Bonarelli e livello k-t ad iridio, segnalate anche lungo la strada statale che attraversa la zona.

Il Livello Bonarelli si trova in località Mulino ed è noto ai geologi anche come livello ittiolitico-radiolaritico. Il difficile termine indica la presenza di resti fossili di pesci e di gusci silicei fossilizzati di plancton detti radiolari.

Alcuni di questi resti sono visibili esclusivamente al microscopio e hanno permesso di datare il Livello Bonarelli a circa 92 milioni di anni fa.

I resti si trovano in un importante accumulo argilloso, formatosi, probabilmente, per la temporanea regressione di acque marine e la conseguente emersione di alcune terre.

La prova che 92 milioni di anni fa in Umbria è esistito un mare? In un certo senso.

Limite K-T

Il termine limite k-t indica genericamente, in ogni parte del mondo, quella porzione di successioni stratigrafiche risalente a circa 65 milioni di anni fa. La K sta per Cretacico, la T sta invece per Terziario, la denominazione solitamente utilizzata per riferirsi ai periodi dello sviluppo terrestre chiamati Neogene e Paleogene.

Il termine quindi non è tipico solo dell’area della gola del Bottaccione, ma è comune a molti altri siti di interesse geologico. Questo elemento è di fondamentale importanza se relazionato alle scoperte effettuate nell’area.

Nel caso della zona di Gubbio, il limite è costituito da uno strato di argilla di approssimativamente 1 cm con delle caratteristiche molto particolari. È collocato all’interno della Formazione della Scaglia Rossa, un grande strato di 400 m costituito da piani calcarei rossastri sovrapposti.

Quello della Scaglia Rossa è calcare di mare profondo, stratificatosi nel tempo sotto le acque marine, altra prova perciò della presenza di un grande bacino nell’area umbra.

L’esistenza quindi di tale strato argilloso nella linea K-T è segno di un’anomalia, soprattutto se si considerano altri due dati. L’argilla depositato non presenta traccia di foraminferi (minuscoli microrganismi unicellulari fossili) ed è ricchissimo di iridio, un metallo rarissimo nella crosta terrestre.

Negli anni ’80 fu proprio questo strato, ancora oggi visibile nelle pareti rocciose della gola del Bottaccione, a diventare l’incredibile protagonista di uno studio che ha cambiato il modo di concepire la fine dei dinosauri.

Una serie di scoperte fortunate

La scomparsa dei dinosauri viene collocata dai geologi, con differenti spiegazioni, fra l’Era Mesozoica, dominata dai grandi rettili, e l’Era Cenozoica, dominata di fatto dai mammiferi.

Ma quali ragioni e studi supportano questa importante tesi ed in che modo l’Umbria è stata partecipe nella sua formulazione?

Negli anni ’70 il geologo americano Walter Alvarez, figlio del premio Nobel Luis Alvarez, si recò in Italia per effettuare alcuni studi della Scaglia Rossa. Voleva comprendere principalmente le modalità di formazione dell’Appennino umbro-marchigiano, assieme allo scozzese Bill Lowrie.

Lowrie era specialista di paleomagnetismo ed era interessato per suo conto ad analizzare i minerali magnetici presentissimi nella Scaglia.

Contemporaneamente, nell’area stavano lavorando anche i componenti del gruppo di ricerca di Al Fischer, del quale faceva parte anche la Dottoressa Isabella Premoli Silva.

Subito l’esteso team di studiosi si accorse che in uno degli strati, fra la Scaglia Rossa e quella denominata Bianca, vi era un’unità argillosa molto particolare, quella della linea K-T.

Qui, contrariamente allo spessore successivo e precedente, non vi erano foraminiferi e fossili, mentre era presente una quantità anomala del metallo iridio, tipico dei materiali polverosi extraterrestri.

Per confermare tali rilevazioni fu coinvolto negli anni ’80 nelle ricerche anche il padre di Walter Alvarez, Luis Alvarez, esperto di fisica  nucleare e radioattività.

Alvarez confermò che il contenuto di iridio medio nello strato argilloso era di almeno 3 volte superiore a qualsiasi ragionevole previsione.

Era una possibile prova di un avvenimento catastrofico, come ad esempio la caduta di un asteroide sul suolo terrestre, collocabile intorno a 65 milioni di anni fa.

In altre aree del globo erano avvenuti rilevamenti simili.

Per la dimostrazione di questi dati furono utilizzate tre tecniche di datazione, parzialmente discordi spesso anche negli studi più accurati: l’analisi delle inversioni magnetiche negli strati, le analisi biostratigrafiche e la radiometria.

Nella linea K-T della gola del Bottaccione tutti e tre i sistemi di datazione ebbero risultati concordi nella singola unità stratigrafica : un avvenimento assolutamente eccezionale.

Foraminiferi

Un grande contributo alle ricerche effettuate nell’area fu dato dalla studiosa Isabella Premoli Silva.

Si concentrò, contrariamente ai colleghi americano e scozzese, sull’analisi dei microrganismi foraminiferi presenti nelle varie stratificazioni della Scaglia.

Infatti, gli strati di questa sezione sono per lo più costituiti da gusci calcarei di plancton preistorici.

Tra questi figurano proprio i foraminiferi, minuscoli organismi unicellulari utilizzati genericamente nelle datazioni in geologia.

Dagli studi della Premoli Silva è emerso che nello strato precedente, in termini temporali, il livello K-T erano presenti molte specie di dimensioni simili a granelli di sabbia. Nello strato sottostante il K-T invece i foraminiferi erano poco diversificati e piccolissimi.

Come già accennato poi nella sezione argillosa risalente a 65 milioni di anni fa questi microrganismi erano totalmente assenti.

La scoperta della Silva fu un ulteriore supporto alla teoria di Alvarez e Lowrie, a spiegazione della quinta estinzione di massa, quella dei dinosauri.

Visitare la gola del Bottaccione

Sentirsi partecipi anche solo concettualmente di una così grande scoperta non può che essere emozionante. Come emoziona e colpisce enormemente osservare con consapevolezza le tante stratificazioni visibili nei monti dell’Appennino nei pressi di Gubbio, anche solo dal finestrino dell’automobile, percorrendo la statale che lo attraversa.

Quelle della gola del Bottaccione sono rocce visibili da vicino grazie ad un percorso pedonale, purtroppo complicato, adatto ad appassionati di trekking esperti accompagnati da guide abilitate.

Lungo circa 1,5 Km, si eleva a 219 m, con sentieri stretti e tortuosi, a volte a strapiombo. Un brivido corre lungo la schiena di chi li esplora, nonostante l’esperienza.

Un percorso così è l’occasione per vedere da una differente prospettiva l’acquedotto medievale e l’eremo di S.Ambrogio, audaci costruzioni affacciate sul tempo geologico, imponente, custodito fermamente dai grandi e rudi strati di roccia antica.