A Terni, è presente una piazza chiamata dei Tre Monumenti, ma in pochissimi sanno il perché.
Flavio Vopisco, storico originario di Siracusa vissuto intorno alla metà del IV secolo, narra che l’imperatore Marco Claudio Tacito, nativo di Terni, vantasse un legame di parentela con il famoso storico Publio Cornelio Tacito, e che quest’ultimo dovesse quindi avere il sepolcro e la statua vicino a quella di Marco Claudio e di suo fratello Floriano.
Questa tradizione, che a volte genera confusione tra il Tacito imperatore ed il Cornelio Tacito storico, si protrasse per diverso tempo e si rintraccia in diverse fonti presenti nell’archivio del Comune.
In diverse planimetrie della città, Porta Spoletina, nome con cui la conosciamo oggi, viene chiamata Porta dei Tre Monumenti.

Una planimetria molto conosciuta è quella di Domizio Gubernari realizzata nel 1640, in cui vengono rappresentati i tre sepolcri fuori dalle mura.
Il Lanzi, archeologo e storico dell’arte ternano (1732-1810), che al tempo era ispettore dei monumenti e degli scavi, tenendo in considerazione che in quell’area si dovessero trovare i cenotafi dei Taciti, decise di curare personalmente gli scavi.
Una volta cominciati i lavori, quello che emerse fu sorprendente; sotto uno strato di humus di circa 80 cm, emergevano tre basamenti poggianti sulla sabbia ad una profondità di circa 3 -3,5 m.
Successivamente vennero fatti anche altri scavi nei dintorni, persino sotto le stesse strutture, ma non si trovò nulla oltre a numerosi resti ossei di animali e ad un cunicolo largo 1,40 m, alto 1,10 m e profondo 2,80 m, che si dirigeva verso il centro del monumento.
Il tunnel fu realizzato probabilmente nel XVI secolo, epoca a cui risale l’abbattimento dei tre sepolcri.
Questo scempio avvenne per mano del pontefice massimo Pio V (1504-1572), che diede esplicitamente ordine di rimuovere le statue.
Ettore Simonetta, proprietario del fondo in cui si trovavano, assecondò il volere del papa procedendo alla loro demolizione, ed usò il materiale recuperato per rafforzare le mura di cinta della città.

Quest’azione barbarica fu rivendicata dal figlio, Paolo Simonetta, che nel 1613 pose ad eterna memoria dei sepolcri un’iscrizione ora perduta, ma con il testo tramandato nella Storia di Terni di Francesco Angeloni:
Pio V.P.O e Vaticano antiquas statuas eiici
Romae mandante
Taciti, et Floriani opt.imp. cenotaphia
In proprio solo constructa, a fulmine et antitiqui
tate deformata
Cornelii Tciti historicide religione Christiana
male obloquentis mausoleum vetustate
Collapsum semidirutum dissipatis cineribus
Dirui, et solo aequari
Meridionalem imperialis soli partem ex rui
nis muro cingi
Hector Simonetta fundi dominus
Interamnae mandat
Findamenta vix remanent proh dolor tan
tarum antiquitatum in A.P.
Paulus Hect. F. Ad aeternam rei memoriam
posuit
A.S. M.DC.XIII

Quest’iscrizione, è importante non solo perché rappresenta il caso singolare di un figlio che colpevolizza il padre per aver compiuto un atto a dir poco vandalico ai danni del patrimonio artistico e storico, ma anche perché è l’iscrizione che reintroduceva Cornelio Tacito nella tradizione storica di Terni.
Sempre nel 1613, il Municipio stabiliva una serie di iniziative per mantenere nella memoria la figura di Cornelio Tacito, considerato ormai cittadino di Terni.
Venne infatti dipinta un’immagine di questo personaggio nella sala del Consiglio, nel Palazzo dei Priori e nella Scuola pubblica; in quest’ultima, ogni settimana venivano letti due passi degli Annales o delle Historiae.
Per coronare il tutto venne eretta nella piazza una statua di marmo con relativa iscrizione.
Purtroppo dei tre monumenti è andata persa ogni traccia con l’eccezione di un bozzetto realizzato da un artista quattrocentesco, Francesco di Giorgio Martini, oggi conservato agli Uffizi, che mentre viaggiava da Roma a Spoleto, ritrasse i sepolcri.