Questo incredibile viaggio, nella sua prima parte , ha permesso di svelare i segreti di una porzione considerevole della Todi sotterranea: la fabbrica della piana, la neviera della valle e la celata fonte delle logge.
Ma la città nascosta non si esaurisce qui ed il termine che caratterizza più di ogni altro ciò che ancora c’è da scoprire è “acqua”.
Una delle motivazioni principali della realizzazione dei cunicoli dei sotterranei di Todi fu infatti l’approvvigionamento idrico, assieme alla bonifica del terreno del colle, spesso soggetto a frane e smottamenti.
Proprio per rifornire d’acqua la città furono costruiti il Pozzo del Vicolo Scapocollatore, probabilmente l’Acquedotto Romano di Ilci e la Fonte di Pontecuti.

L’Acquedotto Romano di Ilci: ancora tutto da scoprire
La città di Todi, essendo circondata solo da alture più basse del colle sul quale sorge, era impossibilitata ad avere un acquedotto proveniente dall’esterno.
Eppure un acquedotto nei dintorni della cittadina esiste: è l’Acquedotto Romano di Ilci.
Risalente all’epoca romana, come riferisce lo stesso nome, pare non venisse utilizzato per rifornire di acqua proprio la città di Todi in sé.
Poche informazioni in effetti sono disponibili e certe riguardo la sua datazione ed il suo utilizzo passato a causa della recentissima scoperta ed esplorazione; il 2015 appena.
L’ipotesi più accreditata è che l’acquedotto fu costruito per trasportare acqua ad una villa rustica, o ad un piccolo insediamento posto leggermente più in basso rispetto al centro cittadino tuderte.
Le poche porzioni visibili dei canali sono state portate alla luce anche in questo caso, come per la Fabbrica della Piana, dall’Associazione Culturale Toward Sky.
Ciò che è visibile e accessibile esclusivamente con specifiche attrezzature è un lungo cunicolo idraulico con ingresso collocato in un terreno di proprietà privata, di datazione romana. Ma perché? Cosa rende questo canale romano?
La forma dello speco – l’antro esplorabile della costruzione – e i segni regolari degli strumenti di lavorazione presenti sulle pareti dello stesso sono tipici di tale periodo.
Si parla poi di acquedotto ma in realtà è in studio anche un’altra ipotesi. Che il lungo cunicolo fosse un condotto di drenaggio dell’acqua, tipologia di costruzione per nulla rara dell’area del tuderte già dall’epoca etrusca.
Ulteriori studi in futuro saranno necessari a svelare i veri segreti di queste misteriose condutture.
Il pozzo del vicolo Scapocollatore
Il n° civico 95 di Via della Piana a Todi nasconde una sorpresa. Osservando la muratura del civico si può notare l’abbozzo di una porzione di vera di pozzo: è ciò che è rimasto della parte esterna del così detto Pozzo del vicolo Scapocollatore.
Ma il sottosuolo, ormai è chiaro, nasconde e preserva molto di più.
Questo pozzo ancora oggi è uno dei più grandi ed estesi della città. Ha una pianta semicircolare, con diametro 3,51 m, caratteristica piuttosto inusuale.
Perché venne realizzato con questa forma?
Durante il suo scavo venne intercettato il gran muro in opera cementizia e rivestimento in opera vittata sul quale poggiava una porzione del noto Teatro Romano di Todi. Il monumento, di ben 83 m di diametro, un tempo era notissimo nella regione per i suoi spettacoli e la sua imponenza.
Non poteva essere danneggiato dagli scavi naturalmente. Ciò rese quindi necessario deviare il corso degli scavi.
Il pozzo, essendo chiuso completamente nella sua apertura pubblica principale, è oggi accessibile solo attraverso una via traversa in un’abitazione privata: il n° civico 95 di Via della Piana a Todi appunto.
È possibile per gli esperti calarvisi internamente. È così che sono stati notati alcuni importanti particolari storici ed architettonici.
L’ambiente è coperto da un complesso sistema di volte, non più in condizioni ottimali a causa di alcuni danni provocati dalla costruzione delle tubature dell’acquedotto moderno.
La canna del pozzo è realizzata in pietre giustapposte a secco. Fu probabilmente costruito fra il XIV e XV secolo, anche se le sole caratteristiche architettoniche non permettono di effettuare una datazione certa.

La Fonte di Pontecuti: non proprio sotterranea ma certamente nascosta
Studi molto più approfonditi sono ormai disponibili invece riguardo la Fonte di Pontecuti, anche chiamata Fonte di Sant’Ermete.
Fontana pubblica ancora attiva ed accessibile si trova fuori dalle mira del Castello, a circa 50 m lungo la strada che conduce allo Scoglio delle Lavandare .
L’intero corpo architettonico della fontana, nonostante la sua apparente semplicità, ha una struttura complessa dal punto di vista della datazione storica, sia esternamente che nella sua parte non visibile. E racconta molto bene alcuni usi e costumi della città nel XIV secolo e oltre.
La parte visibile della fonte non ha di fatto nulla di particolarmente evidente. Ha forma parallelepipeda semplice, realizzata con conci squadrati in calcarenite piuttosto rozzi. Ha in più una moderna copertura in cemento con un recente puntale in laterizio posto sulla sommità.
La parte rivolta verso la strada, la più visibile, è caratterizzata da un arco in conci di travertino, chiuso da materiale laterizio, con un’iscrizione, A| 1734 e una targa che ne regolamentava l’uso: ABBEVERATOIO/ DIVIETO DI LAVARE.
La costruzione esterna insomma non si fa notare particolarmente, ma nasconde un vano interno di forma trapezoidale con volta a botte molto interessante. Vi si trova infatti un misterioso stemma.
Il simbolo, di grandi dimensioni (0,429 x 0,38 m), è in pietra calcarea ed ha una forma a mandorla. Raffigura un monte di 6 cime sormontato da 2 stelle a otto raggi. È a sua volta sovrastato dalla scritta incisa: *SER•GRADI•PERI•DE / URBINO•A•M•CCCXLVIII.
Il testo suggerisce in primis che nel 1348 esisteva già in quella posizione una prima fontana, poi ricoperta in seguito dalla struttura oggi più visibile. Racconta anche a chi appartenesse quello stemma e chi fosse il dedicante la fontana: probabilmente un certo “Gradolus quondam Peri de Fermignano de Urbino publicus imperiali auctoritate notarius”.
Questo individuo è noto esclusivamente grazie a un singolo atto notarile del 1343, ma la memoria delle ragioni per cui fece realizzare la fontana è andata perduta.
Si può però fare un ragionamento su cosa accadde a Todi nel 1348 e 49.
Ci fu una nota e devastante epidemia di peste.
La presenza della piaga a Todi e dintorni è testimoniata da una bolla papale di Clemente VI di quegli anni e dall’elevato numero di lasciti testamentari registrati proprio fra il 1348 e il 1349.
Ma come si ricollega tutto questo ad una semplice fontana?
In passato, la scienza medica era arretratissima nelle sue conoscenze, ed un grande ruolo nella trasmissione della peste veniva attribuito all’acqua. Diffusa infatti era la scienza “umorale” o medicina degli “umori” cioè legata ai liquidi e all’umidità esterna e del corpo.
Non sorprende, dato questo quadro, la costruzione proprio in tale periodo di una nuova fontana, ipoteticamente (per le convinzioni dell’epoca) non contaminata da umori maligni e sortilegi o malocchi.
Le caratteristiche della costruzione suggeriscono altre fasi di realizzazione, in tutto tre.
La seconda fase fu quella del 1734. In quell’anno furono aggiunti un arcone di copertura e la vasca. Ma lo stemma fu lasciato ancora scoperto e visibile.
È la modifica più recente, risalente al XIX secolo che trasformò completamente l’aspetto della fonte rendendola di fatto fornita di uno spazio interno e interrato.
La vasca venne difatti ricoperta completamente, come la si vede oggi, e trasformata in una cisterna di decantazione non accessibile agli utilizzatori abituali della fontana.
Vari documenti testimoniano che nei secoli la fonte non fu comunque mai utilizzata massivamente dagli abitanti di Pontecuti, più affezionati al fiume per le attività quotidiane come il lavaggio dei panni o l’abbeveraggio degli animali. A questo si deve forse la continua decadenza delle strutture descritta nelle fonti storiche. L’acqua sorgiva della fontana venne usata spesso solo per uso alimentare.

Visite: si può scendere nella Todi sotterranea?
Tutte queste meraviglie sotterranee, talvolta dall’aspetto spaventoso o apparentemente ordinarie nell’aspetto, possono essere visitate: soprattutto il complesso della Fabbrica della Piana, descritta nella prima parte di questo incredibile viaggio nella Todi sotterranea.
Il sottosuolo tuderte è solitamente visitabile su prenotazione con la formula dell’escursione speleologica: piccoli gruppi di massimo 10 persone accompagnati da una guida esperta per esplorare la terra e le oscurità, ma in totale sicurezza.
Per maggiori informazioni:
Foto : Associazione Culturale Toward Sky.