Da una parte la teatralità filosofica di Joseph Beuys, dall’altra l’arte come assoluta solitudine di Alberto Burri. È di quarantuno anni fa a Perugia uno dei momenti di riflessione artisti dell’arte del Novecento.
PERUGIA AL CENTRO DELL’ARTE
Gli anni Ottanta furono quel periodo importante, anche per l’arte, che ebbe come fulcro l’Italia e coincise con un nuovo boom economico e la consacrazione del collezionismo che divenne status symbol. Gli anni del mercato easy money, della scalata della nuova borghesia impegnata nell’acquisto frenetico: case, macchine di lusso, gioielli ma anche arte contemporanea. Protagonisti del jet set erano i galleristi. Come Enzo Cannaviello che presento al mercato i “Nuovi Selvaggi” di ala tedesca. Come, appunto, Beuys. La Perugia di quegli anni era una città in forte fermento. Negli stessi anni, Burri, già carico di successo, si dedicò ai grandi cicli pittorici e alle sculture di grandi dimensioni e realizzò anche il catalogo ragionato della sua opera.
In Umbra c’era un assordante silenzio nei confronti dell’arte contemporanea la cui ultima celebrazioni risaliva al 1967 con la mostra a Foligno “Lo spazio dell’immagine” senza, però, avere seguito. Una grandissima esposizione a Palazzo Trinci che ospitò opere, costituite da ambienti plastico – spaziali, destinate ad essere smontate con la fine della mostra, realizzate da grandi artisti come Lucio Fontana, Ettore Colla, Getulio Alvani, Michelangelo Pistoletto. Nel capoluogo umbro si procedeva alla risistemazione della Rocca Paolina che veniva restituita ai cittadini e, di lì a poco, sarebbero state inaugurate le scale mobili. Parallelamente, nel Borgo Bello, si interpretavano i lavori di restauro dell’edificio che oggi ospita il museo civico di Palazzo della Penna.
In questo contesto, pensare a interpellare due grandi presenze europee a Perugia, come Beuys e Burri, su idea di Italo Tomassoni, per (ri)pensare il all’arte contemporanea è stato un importante gesto, voluto e sostenuto dall’amministrazione comunale (con il socialista Stelio Zaganelli come sindaco), inteso come fatto di grande apertura internazionale della città.

ARTISTI ALLO SPECCHIO
Burri e Beuys, due artisti così diversi, ma allo stesso tempo padroni della situazione artistica del secondo dopoguerra. Da una parte Alberto Burri, un umbro che viene accolto a Perugia come grande ospite, dall’altra Beuys, che con l’Umbria non aveva ancora avuto niente a che fare.
Burri contrario a qualsiasi tipo di dialogo e che rivendicava il suo silenzio e la sua solitudine e riconosceva la capacità di affidare il suo messaggio esclusivamente alla forma. Boyes che riteneva l’arte come processo di una conoscenza ella verità e di una estensione del territorio dell’arte talmente vasto da coinvolgere anche l’antropologia.

IL GRANDE EVENTO
Burri espose in quell’occasione il Grande Ferro RP 80, grande scultura oggi conservata alla Fondazione Palazzo Albizzini Collezione Burri di Città di Castello. Maestosità, eleganza. L’opera faceva parte del ciclo Orsanmichele realizzato nel 1980, composto da nove pitture e questa scultura, creato per l’omonima Fabbrica di Firenze. Nel 1984 il Comune decise di esporre nuovamente Il grande Nero R.P alla mostra Sogni per la pace, nonostante l’artista umbro non avesse apertamente accettato. Così Burri, il giorno prima dell’inaugurazione della mostra, mandò alla Rocca Paolina una squadra di operai a smontare l’opera affinchè la riportassero a Città di Castello. Per farsi poi perdonare del gesto forse un po’ sgarbato, Burri donerà un’altra opera, che è quella che ora possiamo ammirare nel salone delle Acque nella Rocca Paolina: Il Grande Nero.
Beuys, pochi giorni prima dell’incontro perugino, venne a Napoli per l’inaugurazione della mostra – incontro con Andy Warhol alla galleria Lucio Amelio. Il 3 aprile si presento alla Sala Cannoniera della Rocca Paolina, con un gessetto bianco, indossando il trench ed un cappello di feltro, realizzò i suoi disegni, schemi e simboli sopra sei grandi lavagne. Una “scultura sociale” che rompe qualsiasi schema con l’arte tradizionale.
«Una cosa al tempo stesso semplice e molto complessa» come spiegò lo stesso Beuys davanti ad una folla di giornalisti internazionali che pendevano dalle sue labbra.
Quelle lavagne, successivamente riunite sotto il titolo Opera Unica, vennero acquistate dal Comune che prima le espose nella Sala del Grifo e del Leone di Palazzo dei Priori e poi le depositò a Palazzo della Penna, dove furono musealizzate nel 2003. Da quel 3 aprile 1980 sono passati quarantuno anni. Opere attuali, moderne, in un dialogo eterno davanti a cui il tempo sembra essersi fermato.
