Supponiamo che inseguire l’autenticità in questo mondo nuovo che ormai così nuovo non è, costi molta fatica. L’ormai stra citato mal compreso ben inteso Pier Paolo Pasolini, per fortuna o per disgrazia, ha dedicato una vita alla ricerca del vero e del nulla artefatto. Nel Bronx di New York, nelle borgate di Roma, fra Uganda e Tanzania dove il capitalismo faticava ad entrare nei costumi della società, Pasolini trovava nell’innocenza e nella crudeltà, il linguaggio primordiale dell’uomo.
Supponiamo ancora di ricercare questa autenticità in Umbria, la piccola regione al centro dell’Italia che ha visto un ampio transito di culture solcare la sua terra. Ogni traccia di storia, di vita, di realtà e singolarità è conservata nel linguaggio, nei molti dialetti del territorio, da nord a sud, da Oriente ad Occidente.
Koinè dal greco κοινή, affinità, unità, convergenza di situazioni storico-culturali in una determinata area o comunità, così recita la Treccani. Dopo aver chiarito la definizione della parola, possiamo usarla in una frase. In Umbria non è lontanamente immaginabile una vera e propria koinè linguistica. D’altronde quando si parla di dialetti, in quasi nessuna regione d’Italia è presente un’omogenea unità della lingua.
Mentre si discute della questione dialettale di una zona è bene fare i conti con la storia e con lo spazio geografico della suddetta. Etruschi prima, popolazione germaniche poi, intanto romani, l’Umbria ha visto nascere dentro i suoi confini un vivace fermento storico. Difatti grazie alla sua conformazione priva di veri e propri limiti naturali e alla navigabilità del Tevere, l’Umbria era un teatro di popolazioni.
Altre implicazioni linguistiche nascono e si evolvono per mezzo della letteratura che gioca un ruolo fondamentale nell’intera storia della lingua italiana contribuendo alla nascita del nostro attuale idioma e al passaggio dai volgari regionali ai dialetti che oggi conosciamo.

Un orecchio poco allenato può facilmente distinguere un perugino da un ternano, l’esempio è puramente casuale e conserva una fragile traccia ironica. Vediamo più nel dettaglio le spartizioni dei dialetti. Possiamo suddividere l’Umbria in tre bacini linguistici principali, area centro nord occidentale, area meridionale orientale e l’area meridionale occidentale.
Vediamo compresa nell’area centro nord occidentale, Perugia, Alta Valtiberina e l’Egubino. Questa zona risente dell’eco di idiomi settentrionali dovuti probabilmente alla presenza del corridoio bizantino ( https://it.wikipedia.org/wiki/Corridoio_Bizantino ), ma un forte influsso giunge dalla vicina Toscana orientale. L’esempio lampante del dialetto perugino voglio lasciarlo al duo comico 7 Cervelli: https://www.youtube.com/user/7cervelliofficia. Fra le caratteristiche di questo dialetto troviamo sicuramente l’uso dell’articolo determinativo che precede i nomi propri femminili ad esempio la Cristiana o la Maria, oppure la presenza dell’aggettivo possessivo seguito dai nomi di parentela come la mi nònna – la mi zia. Molto usata è la forma di terza plurale del presente indicativo ènno (sono) o preposizioni e avverbi che derivano dal latino INTUS quali nto, to, tulì.
Nell’area meridionale orientale troviamo Spoleto, Foligno, Assisi, Gualdo Tadino, Terni, Amelia e Norcia. Luogo che presenta influenze marchigiane e romane. Possiamo far caso all’uso frequente dell’articolo determinativo lu, alla posposizione dell’aggettivo possessivo al nome e la presenza dell’agglutinazione enclitica con sostantivi a carattere affettivo come sòrema o màmmeta.

Nell’area meridionale occidentale alla destra del Tevere i dieci comuni dell’orvietano si avvicinano linguisticamente all’area viterbese e alla Toscana meridionale. La caratteristica più chiara che possiamo trovare nel parlato è il passaggio della i finale in e come possiamo notare in le bbaffe (i baffi).
A questa divisione vanno aggiunte quelle zone di transizione o zone grigie che non rientrano nei gruppi sopracitati. L’area Scheggia-Todi non riporta la presenza dei fenomeni rappresentativi dell’area in cui viene inclusa, mentre la zona che definiamo trasimeno-pievese, proprio a ridosso del confine Toscano, funge da snodo fra l’area dialettale perugina e l’area orvietana. Se eludiamo le partizioni precedentemente fatte, tutto lo spazio regionale crea nel suo insieme un’area d’incontro di tendenze e provenienze varie.
La ricchezza e la diversità del linguaggio risiede ancora nella bocca del popolo umbro. Se davvero vogliamo trovare, cercare, amare l’autenticità, non ci resta che prenderci del tempo, andare a parlare con i pescatori sulle rive del Trasimeno, fare una bella giocata a carte con i vecchi di paese “C’ho na brisqla che ll amazza mamanco l’asso!” e perché no, fermarsi a parlare con qualche signora affacciata dalla finestra, il suo, è un punto di vista privilegiato.
